Coniugare la tradizione con l’Innovazione. E’ l’appello lanciato da Manfredi Barbera, uno dei più famosi imprenditori del settore dell’oliocultura. Con questi concetti Barbera ha avviato oggi a Mondello, la 14esima edizione de “L’isola del Tesolio“, convegno promosso e organizzato dal Cofiol (Consorzio filiera olivicolo). Quest’anno il focus del convegno è una riflessione sui nuovi driver della filiera olivicola tra ricerca, innovazione e sperimentazione.
Per Barbera, quindi, anche nel settore agricolo e nell’olivocultura in particolare, processi innovativi che riescano a tenere conto della tradizione, sono fondamentali.
“L’uomo innova da circa 6000 anni, senza innovazione non esisterebbe il futuro – spiega Barbera – è questo ce lo racconta anche la natura, perché tutte le specie non si sono innovate non esistono più in questo pianeta. Forse, in alcuni casi abbiamo innovato anche troppo, ma questo è un aspetto etico sul quale è necessario un approfondimento. Ma l’innovazione non è altro che lo sbocco di un percorso che nasce con la ricerca”.
L’olio d’oliva ha una duplice natura: è un prodotto materiale ma è anche un bene culturale (immateriale), la cui identità va a rafforzata in chiave culturale, ambientale, sociale ed economica, a livello sia locale sia globale.
Negli ultimi decenni la spinta verso l’innovazione tecnologica nel campo degli oli extravergini di oliva ha avuto i tratti della rivoluzione culturale ed è stata legata all’evoluzione del concetto stesso di qualità del prodotto olio extravergine di oliva.
Va, infatti, osservato che i parametri di qualità dell’extravergine si sono arricchiti di una serie di indicazioni salutistiche e proprietà sensoriali che hanno reso questo peculiare alimento altamente differenziato tanto quanto possa esserlo il prodotto vino.
La coltura dell’olivo in Italia è fra le più diffuse ed esprime un patrimonio di biodiversità enorme: ogni varietà ha caratteristiche agronomiche e qualitative proprie che la legano alla specifica zona di coltivazione, restituendo una serie di oli di oliva unici, differenti da tutti gli altri esistenti. La cultura (prima ancora della coltura) dell’olio di oliva può essere un potente strumento di aggregazione funzionale a creare ‘comunità’: un elemento caratterizzante della nostra cultura e della nostra società e, quindi, un potenziale driver di sviluppo territoriale capace di mettere a sistema il valore locale con la dimensione globale in termini culturali, economici, sociali e di qualità della vita.
L’innovazione è diventata il paradigma di riferimento necessario per un settore che sta vivendo una crisi drammatica. In Italia la produzione dell’annata 2022-23 si avvicina al proprio minimo storico con circa 200mila tonnellate (all’inizio degli anni 2000 eravamo ancora oltre le 700mila).Una crisi globale che colpisce tutti i maggiori produttori di olio di oliva. Le cause sono soprattutto strutturali ma anche legate alla contingenza. Probabilmente i tempi di raccolta avanzati nel corso dell’anno (tra ottobre e novembre e anche oltre) hanno fatto sì che la produzione olivicola vivesse l’intero impatto negativo della siccità, alla pari di altri settori, ma a differenza di altre produzioni, scontasse anche gli effetti del ritorno delle piogge autunnali. Infatti, mentre altri comparti dell’agricoltura, protetti dal caldo estivo, hanno subito pochissimi attacchi patogeni, l’olio d’oliva ha scontato anche la forte presenza, in varie aree produttive d’Europa della mosca olearia.
Anche di questi aspetti e di come rilanciare il settore s’è discusso al convegno di Mondello. All’incontro hanno partecipato l’assessore dell’Agricoltura, dello Sviluppo rurale e della Pesca Mediterranea, Luca Sammartino e Francesco Tabano (Presidente Federolio).
Proprio Tabano ha tracciato un quadro drammatico sul piano produttivo, sottolineando come “la situazione climatica del bacino del Mediterraneo ha fatto sì che nel 2023 la produzione di olio fosse estremamente scadente: sentiamo spesso dire che un buon olio non può costare al di sotto di una certa cifra, ma negli ultimi tempi stiamo assistendo ad annate in cui c’è poco prodotto e spesso neanche buonissimo”. Tabano evidenzia poi il paradosso per cui “quando il prodotto è quantitativamente limitato le percentuali di rischio di attacco da parte dei parassiti sono superiori, ma di fatto essendoci poco olio il prezzo va alle stelle”.
Una possibile risposta arriva dalla politica, per Luca Sammartino, “la Regione sta investendo non solo nella filiera produttiva, ma anche nel bando dei frantoi per mettere al centro la meccanizzazione e rendere l’olio siciliano più adeguato alle sfide che lo attendono: è fondamentale sia scalare i mercati sia posizionarsi su un prezzo che possa rendere redditizio il lavoro di agricoltori e trasformatori. Grazie all’introduzione dei bandi si crea ricchezza e redditività intorno al prodotto: la filiera olivicola è un esempio di come i nostri produttori stanno riuscendo a mantenere il ciclo produttivo, ma anche a inorgoglire i mercati nazionali e internazionali”. L’intervento, aggiunge il vicepresidente regionale, è coordinato “con il governo nazionale, con misure apposite in legge di stabilità per venire incontro alle esigenze degli agricoltori e accompagnarli nel percorso di innovazione tecnologica e culturale. Il 2023 è stato un anno complicato per ciclo del tempo e cambiamento climatico, in più la bolla eccessiva di calore ha modificato quantità e qualità delle nostre produzioni: tuttavia abbiamo all’orizzonte un periodo florido, perché nel mercato internazionale l’olio siciliano va alla grande”.