Una piccola “cellula della vita” capace di riprodurre in un ambiente chiuso un ciclo di produzione vegetale o riproduzione animale da utilizzare per casi di necessità o per fare fronte alla desertificazione dei suoli. La sperimentazione è frutto di un accordo di partenariato con la Tunisia e la struttura stata prodotta a Palermo e a Sfax grazie al progetto Celavie (acronimo di “CEllule technologique de LA VIE”), co-finanziato dall’Unione Europea attraverso il Programma ENI di cooperazione transfrontaliera Italia-Tunisia 2014-2020, di cui il Dipartimento Programmazione della Presidenza della Regione Siciliana è autorità di gestione. Circa 975 mila euro il budget totale, per il 10% coperto dai partner con risorse proprie. I report scientifici sono stati illustrati presso il dipartimento di Palermo della Lumsa, dove si è svolta la conferenza finale.
La cellula della vita è una “capsula” di sei metri per tre, alta due metri e mezzo, nella quale è racchiuso un impianto acquaponico, cioè una comunità biologica in scala ridotta che alla coltura vegetale fuori terra (idroponica) unisce l’allevamento di animali acquatici. Nel prototipo questa metodologia è stata integrata con le dotazioni tecnologiche necessarie per garantire autosufficienza energetica, autonomia climatica, gestione e monitoraggio dei cicli biologici (anche a distanza). Per un anno e mezzo, dopo le fasi di progettazione e costruzione, i test hanno riguardato alcune essenze vegetali nei letti di coltura disposti verticalmente su più livelli, principalmente pomodoro, basilico, lattuga, peperoncino e sedano, e contemporaneamente, nelle vasche sottostanti, specie d’acqua dolce come granchi di fiume, carpe e gambusie. La cellula, è stato spiegato nel corso della conferenza di presentazione dei risultati, potrà essere utilizzata come fonte di cibo a chilometri zero per piccole comunità in zone difficili da rifornire, oppure dove scarseggiano risorse idriche, aree coltivabili e mezzi, o per sostenere attività agricole o di acquacoltura, o per ripopolare gli invasi. E ancora, in situazioni di estrema emergenza, per esempio paesi isolati per frane o terremoti, o per finalità umanitarie, per esempio come supporto alimentare nei campi profughi, e poi anche per attività didattiche. Potrà servire ad aziende, scuole, istituzioni, gruppi di lavoratori in zone remote.