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Das, la tecnologia smartness che riesce a monitorare le attività vulcaniche

Ai più anziani il termine Das evoca il gioco della plastilina grigia con cui si costruivano oggetti da colorare. Adesso Das ritorna nelle nostre vite in modalità hi-tech. Perché si chiama ancora Das – acronimo di Distributed Acoustic Sensing– la tecnologia “smartness“ che si annuncia come un sistema disruptive che cambierà il modo di vivere le città, e non solo. Anche in Sicilia, grazie a dei particolari applicativi, il Das ha già debuttato.

A cosa serve Das

Compito di Das è monitorare con precisione parametri e performance di quel che accade e trasmettere in tempo reale questi valori, perché si inneschino automatismi in risposta o per permettere di intervenire in tempo reale in caso di emergenze. 

Tradotto letteralmente, quel termine indica il “rilevamento acustico distribuito”. Si tratta, in soldoni, di rilevare segnali di deformazione della frequenza acustica che vengono registrate. Ogni deformazione corrisponde a determinate informazioni. Questo rilevamento può essere effettuato anche in ambienti ostili e su grandi distanze. Questa caratteristica rende il Das una tecnologia dirompente, in grado di potenziare l’intelligenza di intere città o sistemi collocati in aree difficili da raggiungere. Questa metodologia risponde a una delle principali sfide che ci verrà posta dall’antropizzazione prossima ventura delle città.  

Come funziona il Das?

Il Das è una tecnologia fotonica che sfrutta una rete di cavi in fibra ottica convertendola in una serie di sensori sensibili alle vibrazioni. Lungo tali cavi, il sistema invia continui impulsi luminosi, che, in caso di contatto con energia acustica o vibrazionale, restituiscono determinati pattern di luce riflessa. I pattern vengono analizzati e classificati da un dispositivo optoelettronico tramite algoritmi, che li associano a determinate anomalie. Il DAS può quindi sfruttare un’infrastruttura già presente e non richiede ulteriori lavori di edilizia per essere integrato. 

Das per monitorare le attività vulcaniche

Un esempio di come il Das possa intervenire in aiuto arriva proprio dalla Sicilia. Uno studio pubblicato lo scorso anno sulla sezione Scientific Reports di “Nature” spiega come il sistema di algoritmi e fibre ottiche possa essere utilizzato anche per monitorare le aree vulcaniche. La tecnologia è stata testata a Vulcano, nelle isole Eolie, per dimostrare come attraverso i cavi tlc in fibra ottica e il nuovo sistema di computing sia possibile monitare le aree vulcaniche. La ricerca – condotta da un pool di ricercatori dell’Università di Catania, del GeoForschungsZentrum di Potsdam e dell’Ingv – dimostra che grazie all’utilizzo combinato delle reti di cavi in fibra ottica e dell’intelligenza artificiale si ottengono informazioni preziose per comprendere e monitorare ii sistemi idrotermali in aree vulcaniche.

La ricerca portata avanti dalle Università

Per questo tipo di controllo, sino ad oggi, venivano utilizzati sismometri a banda larga, considerati gli strumenti principali per studiare i processi di origine dei segnali nei vulcani. Questi sistemi vengono installati sull’edificio vulcanico per catturare gli eventi e stimarne la sorgente. Tuttavia, nelle piccole isole vulcaniche, l’ambiente sottomarino richiede l’installazione di strumentazione particolarmente costosa e difficile da gestire e mantenere.

L’idea, dunque, è stata quella di implementare una sorta di sistema a distanza, che sfrutta la capacità di interrogare cavi sottomarini anche a lunghe distanze, fino a decine di km, dei dispositivi Das. Ogni tratto dei cavi di fibra tlc, spiegano i ricercatori, diventa una serie densa di sensori distribuiti più facili da gestire rispetto ai sensori tradizionali. Questa capacità permette di intervenire facilmente e velocemente per acquisire segnali utili a dare risposte rapide alle crisi vulcaniche.

Grazie alla potenza di calcolo degli algoritmi, l’acquisizione di segnali Das riesce a produrre un’enorme quantità di dati e costituisce una sfida dal punto di vista informatico per la loro archiviazione, accesso ed elaborazione. Durante l’esperimento a Vulcano, compiuto la scorsa estate, sono stati acquisiti con continuità circa 20 Terabyte di dati. E’ stato necessario sviluppare nuove soluzioni informatiche per raccogliere, gestire e analizzare gli enormi volumi di dati avvalendosi dei recenti avanzamenti tecnologici nell’High Performance Computing e nell’intelligenza artificiale.

Lo studio ha dimostrato che l’interrogazione del cavo sottomarino in fibra ottica che collega l’isola di Vulcano a Milazzo, associata ad algoritmi di elaborazione dedicati, può contribuire efficacemente al monitoraggio sismico e alla comprensione dell’origine dei segnali sismici a bassa frequenza generati dall’attività idrotermale.

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Piero Messina