Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale (IA) ha rivoluzionato il settore dell’istruzione, trasformando radicalmente il rapporto tra docenti e tecnologia. L’adozione di strumenti basati su IA generativa, come chatbot e assistenti didattici, sta ridefinendo il modo in cui gli studenti apprendono e gli insegnanti pianificano le lezioni. Tuttavia, questo cambiamento solleva interrogativi fondamentali sulla personalizzazione dell’apprendimento, il ruolo dell’insegnante e la necessità di una regolamentazione adeguata.
Secondo un’indagine condotta su oltre 700 scuole europee, l’IA sta diventando uno strumento essenziale per semplificare la pianificazione delle lezioni (70%), assistere nella preparazione degli esercizi (62%) e monitorare i progressi degli studenti (58%). La tecnologia consente anche di automatizzare le valutazioni (56%), riducendo il carico di lavoro degli insegnanti. Tuttavia, la digitalizzazione della scuola non è nata da un’iniziativa interna alle istituzioni scolastiche, bensì da una crescente richiesta del mondo del lavoro. Lo afferma Cristina Pez, direttrice commerciale per l’Istruzione di Acer Emea, sottolineando come l’istruzione digitale sia una risposta a esigenze produttive e occupazionali.
L’arrivo di ChatGPT ha accelerato questa transizione, suscitando grande interesse tra i docenti. A differenza di altri strumenti digitali, i modelli linguistici avanzati sono percepiti come strumenti familiari, grazie a un’interazione basata su domande e risposte, un processo che gli insegnanti comprendono intuitivamente. Tuttavia, la resistenza al cambiamento rimane un ostacolo significativo, alimentato dalla mancanza di fondi (30%) e dalla scarsa preparazione tecnologica del corpo docente (30%).
Uno dei principali dibattiti riguarda il ruolo dell’insegnante in un sistema scolastico sempre più digitalizzato. La tecnologia non dovrebbe sostituire il docente, ma affiancarlo in un modello di apprendimento personalizzato. L’idea alla base è il principio del “teacher in the loop”, che garantisce la presenza costante dell’insegnante nelle fasi di input e output del processo di apprendimento assistito dall’IA. Questo approccio mira a preservare il valore pedagogico della relazione docente-studente, evitando che la tecnologia diventi un sostituto indiscriminato.
«L’IA supporta sempre di più l’insegnamento con strumenti progettati per semplificare o velocizzare il lavoro dei docenti e ottimizzare l’apprendimento», spiega Donatella Solda, direttrice del FEM Future Education Institute di Modena. Secondo Solda, la nuova generazione di strumenti basati su IA sta tornando nel “backend”, diventando un motore invisibile che non si limita a fornire risposte, ma aiuta gli insegnanti a costruire percorsi didattici su misura.
Un esempio concreto di questa trasformazione è MultiLearn, un chatbot sviluppato dal Gruppo Multiversity, che include Università Pegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma. Lanciato nel 2023, MultiLearn è attualmente disponibile per il 100% degli studenti dei tre atenei e ha già risposto a oltre 120.000 domande. La piattaforma non solo chiarisce i dubbi degli studenti, ma fornisce approfondimenti sui contenuti didattici e le fonti di riferimento.
A differenza di altre soluzioni, MultiLearn opera esclusivamente all’interno del contesto accademico, senza attingere a informazioni esterne. «Abbiamo scelto le API di OpenAI, ma abbiamo sviluppato un sistema gerarchico di gestione dei contenuti, che permette al chatbot di rispondere solo sulla base dei materiali approvati dai docenti», afferma Fabio Guida, CTO di Multiversity. Inoltre, il sistema è progettato per riconoscere e interpretare grafici, modelli ed equazioni, facilitando la comprensione di materie complesse.
Il coinvolgimento dei docenti è stato fondamentale per il successo di MultiLearn. «Più il corso era complicato, più è stato facile coinvolgere i professori», racconta Guida. Grazie alla collaborazione con gli insegnanti, il chatbot sta evolvendo verso una terza fase, in cui sarà in grado di analizzare anche rappresentazioni visive dei concetti trattati nei corsi.
Mentre l’IA si integra nel mondo dell’istruzione, emerge un altro tema cruciale: la necessità di un centro di ricerca europeo dedicato all’intelligenza artificiale. Secondo il premio Nobel Giorgio Parisi, l’Europa ha bisogno di un Cern per l’IA, un laboratorio internazionale che permetta di sviluppare tecnologie avanzate senza dipendere dalle big tech americane e cinesi.
«Non vedo un large language model europeo capace di competere con quelli statunitensi e cinesi», afferma Parisi, sottolineando il divario tra la ricerca pubblica europea e le iniziative private d’oltreoceano. In un recente articolo su Nature, Parisi ha lanciato la proposta di creare un centro di ricerca simile al Cern di Ginevra, dove fisici, informatici, matematici e linguisti possano collaborare per sviluppare la prossima generazione di IA.
La proposta ha trovato un’eco nelle istituzioni europee. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato un piano da 200 miliardi di euro per l’IA, con 50 miliardi destinati alla ricerca pubblica. Tuttavia, Parisi avverte che il progresso tecnologico non può basarsi solo sulla potenza di calcolo. «L’innovazione non si fa solo inseguendo microprocessori sempre più veloci», afferma, citando l’esempio della startup cinese DeepSeek, che ha sviluppato un modello IA più efficiente rispetto ai concorrenti americani, con un impatto significativo sui mercati finanziari.
L’intelligenza artificiale sta ridefinendo il modo in cui apprendiamo, insegnamo e ricerchiamo nuove conoscenze. Dall’integrazione nelle scuole e università alla creazione di un grande centro di ricerca europeo, il futuro dell’IA sembra destinato a trasformare radicalmente il panorama educativo. La sfida principale sarà trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica, personalizzazione dell’apprendimento e il ruolo insostituibile dell’insegnante, garantendo che il progresso scientifico resti al servizio della società e non solo di interessi privati.
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