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In Italia l’IA resta in Università e non si riesce a trasferire alle imprese

Un’Italia che insegna e fa ricerca nell’ambito dell’Intelligenza artificiale ma che non riesce ancora a trasferirla al settore produttivo o alla pubblica amministrazione. E’ uno dei dati che emergono dall’analisi di contesto realizzata dal Dipartimento per la trasformazione digitale e dall’Agid nell’ambito della Strategia italiana per l’intelligenza artificiale 2024-2026 appena pubblicata e che prospetta gli interventi per una maggiore diffusione delle competenze e della conoscenza dell’Intelligenza artificiale all’interno del contesto normativo europeo guardando alle peculiarità nazionali. Il testo è stato redatto da un Comitato di esperti per supportare il Governo nella definizione di una normativa nazionale e delle strategie relative a questa tecnologia.

Il Comitato, composto da quattordici membri di comprovata competenza ed esperienza, ha lavorato intensamente per analizzare l’impatto dell’intelligenza artificiale e mettere a punto un piano strategico con l’obiettivo di guidare lo sviluppo dell’IA in modo responsabile e inclusivo. Coordinato da Gianluigi Greco, professore di informatica all’Università della Calabria e presidente di AIxIA, il Comitato include figure di spicco come Viviana Acquaviva, Paolo Benanti, Guido Boella, Marco Camisani Calzolari, Virginio Cantoni, Maria Chiara Carrozza, Rita Cucchiara, Agostino La Bella, Silvestro Micera, Giuliano Noci, Edoardo Carlo Raffiotta, Ranieri Razzante e Antonio Teti.

Università al top per la ricerca

Università e centri di ricerca italiani sono presenti in tutti i progetti Europei sulle call “Center of excellence in AI” di Horizon 2020 e sono oltre 160 i curricula universitari, incardinati in 53 Atenei che erogano già insegnamenti collegati all’IA. “Queste importanti iniziative, tuttavia, non riescono ancora ad allineare l’Italia – in termini di numero di studenti laureati o con dottorato in ambito IA – alle richieste di un mercato del lavoro sempre più orientato verso le nuove tecnologie”: l’Italia resta ultima assoluta tra gli stati membri per quanto riguarda il numero di laureati nel settore ICT (1,5%). Inoltre, si posizione al quartultimo posto in relazione alla percentuale di cittadini che possiedono competenze digitali di base (45,60%).

Per quanto attiene alla qualità e consistenza delle attività di ricerca nell’IA, l’Italia ben si posiziona a livello internazionale. Per numero di pubblicazioni in IA prodotte nel 2022 l’Italia si pone settima con 3.261 pubblicazioni, sebbene molto distanziata dalle prime tre nazioni ossia Cina, India ed USA. Sul fronte della progettazione della ricerca, è significativo poi osservare che il 12% del totale dei progetti europei sull’IA vede coinvolte unità di ricerca italiane. 

Poche ricadute sul sistema produttivo

A fronte di un ecosistema così dinamico nell’ambito dell’Università e della ricerca, le ricadute sul tessuto produttivo e imprenditoriale restano tuttavia ancora piuttosto limitate. Solo il 15% delle piccole e medie imprese (PMI) italiane ha avviato un progetto pilota di IA nel 2022; un valore assolutamente troppo basso, seppure in crescita di 9 punti percentuali rispetto all’anno precedente; inoltre, circa 600 sono i brevetti in AI e poco più di 350 risultano le start-up di IA fondate a partire dal 2017, dato che ci colloca quale fanalino di coda in Europa.

Un importante acceleratore potrebbe essere l’IA generativa, il cui potenziale potrebbe portare ad aumentare il PIL italiano fino al 18,2% annuo, rappresentando una opportunità unica per rafforzare l’economia nazionale; infatti, ben il 78,2% delle aziende italiane prevede di utilizzare nel breve-medio periodo tecniche di IA generativa, in particolare per la ricerca di informazioni, per assistenti virtuali e chatbot, nell’efficientamento dei processi, nel supporto alla creatività e nella simulazione e modellazione di scenari.

Sanità, finanza e previdenza. Dove IA e Pa iniziano a collaborare

Una prima importante spinta all’adozione di soluzioni innovative, anche basate sull’IA, nel contesto produttivo e imprenditoriale risale al 2018 con il Piano Nazionale Industria 4.0, che istituiva 8 centri di competenza nazionali. Il decreto ministeriale 10 marzo 2023 ha poi rifinanziato le attività degli otto centri fino a tutto il 2025, disponendo al contempo il finanziamento di 40 European Digital Innovation Hub di cui all’articolo 16 del Regolamento UE 2021/694.

Affiancandosi ai Digital Innovation Hubs (sempre istituiti con il Piano Nazionale Industria 4.0) e talvolta caratterizzandosi per un preciso focus sull’erogazione di servizi basati su tecniche di IA, gli EDIH forniscono servizi a prezzi agevolati per la digitalizzazione non solo delle PMI ma anche della Pubblica Amministrazione. In effetti, l’impiego di IA nella Pubblica Amministrazione è una delle principiali direttrici di innovazione.  Alcune importanti esperienze sono state già maturate in tale direzione.

Tra di essi, si segnalano: la progettazione della piattaforma nazionale Agenas a supporto dell’assistenza sanitaria primaria (a oggi, la procedura di gara dal maggiore importo pari a 57,57 milioni di euro); il progetto Prodigit, cui partecipano il Dipartimento delle Finanze e il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e il cui obiettivo è l’adozione di strumenti innovativi per le attività dei giudici tributari; la sperimentazione dell’INPS su un sistema di IA generativa che permette agli utenti che accedono al portale di dialogare con un assistente virtuale intelligente, dopo aver effettuato una richiesta sul motore di ricerca del sito; l’utilizzo da parte dell’Agenzia delle Entrate di un software antievasione, che analizza i dati presenti nell’Anagrafe tributaria e nell’Archivio dei rapporti finanziari.

Immagine di DC Studio su Freepik

Antonio Giordano