Oggi oltre 13 milioni di persone vivono nelle cosiddette aree interne, luoghi sottoposti a un progressivo spopolamento e a rischio di marginalità. Da qui l’idea di portare a Riesi, in provincia di Caltanissetta, per ben tre edizioni il LURT (Laboratorio Umano di Rigenerazione Territoriale), un modello itinerante capace di accendere i riflettori su queste aree e rigenerare la comunità locale, attraverso un percorso di partecipazione in grado di ripensare i luoghi stessi e offrire nuove opportunità ai giovani.
Ne abbiamo parlato con il suo ideatore Gianluca Fiusco che ha presentato il progetto nel corso della prima edizione del Premio Innovazione Sicilia nell’ambito della Strategia S3 “Smart cities&communities”: “Il LURT è nato come modello di intervento nell’ambito della rigenerazione umana, la rigenerazione umana delle aree interne o in via di spopolamento e abbandono. Un intervento che parte dalla necessità di ricostruire legami sociali, umani, di vita, di speranza nei territori e, parallelamente, di adattamento, di riadattamento e rifunzionalizzazione dei luoghi all’interno di questa ricostruzione, per fornirgli un’identità nuova che però non cancelli la storia delle persone e dei luoghi stessi”.
In particolare, “l’obiettivo del LURT è stato quello di ricostruire il tessuto sociale dei luoghi come spazio di impegno, di studio, di confronto, di partecipazione, di democrazia e consentire una vivibilità nuova dei territori, dando alle aree depresse e abbandonate un nuovo slancio e una possibilità di rinascita. Il centro ha la sua ragion d’essere sull’impatto che la rigenerazione umana può avere nelle società e per le società. Una società che è in continuo cambiamento, che ha dovuto affrontare la pandemia e adesso deve affrontare anche l’incertezza delle guerre, la violenza dello sradicamento, i conflitti intergenerazionali, la precarietà che porta spesso alla ricerca di condizioni di vita migliori altrove. Da qui lo svuotamento dei territori, la perdita di memoria, di tradizioni, di storie che necessitano interventi globali che mettano cioè insieme chi vive i territori con chi può dare una mano per rigenerarli”.
“Ecco, da questi elementi nasce il LURT che parte dalle persone prima che dalle cose, perché spesso si ristruttura pensando alla rigenerazione, cioè si rifanno i contenitori, ma mancano i contenuti. L’idea del LURT invece è quella di partire esattamente dai contenuti e i contenuti vengono generati dalle persone che ci vivono e quindi il LURT dà una risposta all’emergenza dell’abbandono e dello svuotamento attraverso azioni di coinvolgimento locale sia di chi vive quei territori e ancora sopravvive nei territori marginali e marginalizzati, insieme a chi arriva e decide di formarsi, di vivere un’esperienza umana immersiva. Perciò, in questo senso, il modello del LURT che è nato a Riesi è esportabile, realizzabile, perciò sostenibile”.
“La parola di fondo che anima questo progetto è la contaminazione, cioè mettere insieme esperienze diverse che possano dialogare per consentire alle persone e agli abitanti dei luoghi delle aree interne di poter concepire i loro territori come luoghi di partenza e non solamente di fuga. Perciò fin dall’inizio abbiamo cercato di coinvolgere sociologi, architetti, semplici manovali, persone che vivevano quei territori e persino i bambini nel raccontare quello che quei luoghi rappresentavano per loro e come li avrebbero visti da quel momento ai prossimi cinque-dieci anni. E allora, tutti insieme, abbiamo provato a ricostruirli e a riappropriarci degli spazi, a dare un nuovo senso agli spazi. Ecco perché la figura anche tecnica di professionisti che possono dare una mano a livello urbanistico o a progettare arredi urbani che siano funzionali a quel luogo e che non siano standardizzati, uguali dalla periferia al centro, è un modo per restituire un’identità ai territori e farlo insieme, dando vita a laboratori, formazione, ascolto, momenti di creatività e anche un tempo per l’ozio che fa sempre bene”.
Il LURT – ci ha poi spiegato Fiusco –soddisfa al meglio il criterio dell’originalità: “Abbiamo potuto constatare che l’idea della contaminazione, cioè del mettere insieme diversità e quindi anche diversità di metodi di approcci e anche di sensibilità rispetto alla rigenerazione umana ci consentiva non soltanto di rendere i progetti vivi, ma anche di arrivare nei territori con un’idea di come debba essere la rigenerazione, viverla, costruirla insieme alle persone e questo credo che sia l’elemento più originale rispetto anche a tante altre attività di rigenerazione urbana che in genere si fanno in giro. E questo consentiva anche di dare una prospettiva al progetto tant’è che smontata la baracca, gli abitanti rimanevano e continuavano quell’azione per cui non soltanto rendevano vivibile lo spazio esterno e continuavano a viverlo, ma poi, ad esempio, nel caso di Riesi, hanno continuato a far vivere l’immobile confiscato a Cosa Nostra che avevamo chiesto come punto di aggregazione centrale del quartiere, che poi ha sviluppato un Informagiovani, per l’appunto per i giovani, un centro di aggregazione per le mamme e uno spazio di gioco per i bambini che continua tuttora ad esistere, dimostrazione del fatto che quando si opera insieme alle comunità locali e non sopra di loro e non arrivando con un progetto già ritagliato e calato dall’alto, poi i progetti si mantengono in vita e si alimentano da soli”.
A Riesi, per esempio, proprio grazie al LURT è nata e tuttora vive l’esperienza di “CivicoCivico” con laboratori quotidiani per bambini e bambine, uno spazio di socializzazione con gli abitanti del quartiere, un luogo di formazione e scambio di esperienze, un centro di conservazione e trasferimento della memoria.
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