OpenAI ha annunciato il 20 agosto scorso una partnership con Condé Nast, il gruppo editoriale americano che vanta tra i suoi titoli più famosi Vogue, Vanity Fair e The New Yorker.
L’obiettivo di questo accordo è rendere disponibile il contenuto di tutti i media del gruppo nei prodotti di OpenAI, ovvero il suo chatbot ChatGPT e il prototipo di motore di ricerca SearchGPT, svelato a fine luglio.
In cambio, il partenariato prevede che i contenuti dei diversi titoli di stampa siano utilizzati per addestrare i modelli di intelligenza artificiale della start-up e migliorare l’esperienza utente del suo chatbot e del suo futuro motore di ricerca.
I termini finanziari dell’accordo non sono stati resi notima il CEO di Condé Nast, Roger Lynch, ha specificato che si tratta di un accordo “pluriennale”.
Oltre a Vogue, Vanity Fair e The New Yorker, il gruppo possiede, tra gli altri, testate di moda (Allure, GQ, W), tecnologia (Wired, Ars Technica) e design (Architectural Digest, The World of Interiors).
Concludendo accordi di questo tipo su SearchGPT, OpenAI potrebbe fare concorrenza al gigante del web Google. Presentato a fine luglio, il prototipo di motore di ricerca è già disponibile per un piccolo gruppo di utenti ed editori. Includerà sia contenuti testuali generati dall’IA che link a siti partner. Una vera e propria sfida a Google, che da qualche mese integra funzionalità di IA nel suo motore di ricerca ma attirandosi le ire degli editori. Questi ultimi lamentano un calo di traffico da quando sono stati implementati questi strumenti, che può essere aggravato se si rifiutano di consentire l’utilizzo dei loro contenuti per generare contenuti basati sull’IA.
Condé Nast si unisce così alla lunga lista di gruppi media ed editori che hanno concluso accordi di contenuto con OpenAI.
L’ultimo in ordine di tempo è Time Magazine, che autorizza OpenAI ad addestrare i suoi modelli utilizzando i contenuti attuali e gli archivi del magazine.
Anche il quotidiano Le Monde, l’agenzia di stampa americana AP e il quotidiano economico britannico Financial Times hanno concluso partnership simili, così come i gruppi NewsCorp (Wall Street Journal, New York Post), Axel Springer (Bild, Business Insider) e Prisa Media (El País).
Nonostante la conclusione di numerosi accordi, alcuni media contestano fermamente questo modello. È il caso del New York Times, che ha citato in giudizio OpenAI a dicembre. Il quotidiano accusava la start-up di aver utilizzato milioni di articoli per addestrare i suoi LLM, in modo completamente gratuito e senza autorizzazione.
Anche i media The Intercept, Raw Story e AlterNet hanno fatto lo stesso a marzo, sostenendo che la start-up aveva rimosso alcuni dati relativi al copyright per addestrare i suoi modelli.
Otto media di Alden Capital Global, il secondo gruppo editoriale americano, hanno anche intentato una causa a maggio per motivi simili.
Questo contenuto è stato scritto da un utente della Community. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.