I rischi del “non fare” in termini di innovazione e di utilizzo delle opportunità dell’Intelligenza Artificiale potrebbero comportare uno spreco di risorse e una ulteriore perdita di competitività dell’Italia rispetto ad altri paesi. È uno dei passaggi della strategia italiana per l’Intelligenza artificiale che è stata da poco approvata dall’Agid. L’Italia, un paese “storicamente refrattario alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e lento, approcci timidi al perseguimento degli obiettivi strategici rischiano di risolversi in uno spreco di risorse e in una ulteriore perdita di competitività”, avverte il documento.
Attenzione, dunque, a non subire passivamente questa rivoluzione “importando” modelli ma “rispondere bene alle esigenze del contesto di riferimento” potenziando “la capacità di produrre la nostra tecnologia su misura delle esigenze, dei valori, dei diritti e degli interessi del nostro Paese. Si dovrà investire in applicazioni e soluzioni che siano orientate a supportare le specificità del nostro sistema-Paese, privilegiando una dimensione di sviluppo applicativo interno e non figlio di una prospettiva di importazione”. Ma sarà fondamentale anche la formazione per i lavoratori alle prese con nuovi strumenti.
L’Unione Europea stima che l’IA potrebbe contribuire con oltre 13 trilioni di euro all’economia globale entro il 2030. Se l’Italia non si adegua, rischia di perdere la sua quota di questo enorme mercato. Paesi come Stati Uniti e Cina stanno destinando miliardi di dollari per lo sviluppo dell’IA, mentre l’Italia rischia di rimanere indietro se non adotta misure tempestive.
La mancata integrazione dell’IA nei servizi pubblici potrebbe impedire miglioramenti significativi in termini di efficienza e qualità. L’IA può migliorare notevolmente settori come la sanità, l’istruzione e la giustizia. Ad esempio, l’automazione dei processi amministrativi potrebbe ridurre i tempi di attesa e aumentare la trasparenza. Il “non fare” può accentuare le disuguaglianze regionali e sociali. Le regioni e i gruppi sociali meno avanzati potrebbero non beneficiare dei progressi tecnologici, ampliando ulteriormente il divario esistente. L’IA ha il potenziale per ridurre queste disparità attraverso l’accesso equo a servizi avanzati e personalizzati.
La strategia italiana prevede investimenti significativi nella ricerca e sviluppo per mantenere il passo con le innovazioni globali. La Commissione Europea ha proposto di destinare 20 miliardi di euro all’anno per la ricerca sull’IA fino al 2030. È essenziale investire nella formazione di nuove competenze. Secondo il World Economic Forum, il 50% dei lavoratori avrà bisogno di riqualificazione entro il 2025 a causa dell’automazione e dell’IA. L’Italia deve adottare politiche di formazione continua per preparare la forza lavoro alle nuove sfide. Ma anche l’adeguamento delle infrastrutture digitali è cruciale per supportare l’adozione dell’IA. La banda larga ultraveloce e le reti 5G sono fondamentali per garantire che l’IA possa essere implementata efficacemente in tutto il territorio nazionale.