Perché alla Sicilia servono strategie di venture capital, Giurazza: “Abbiamo 60 mln da investire”

Amedeo Giurazza, Founder, CEO & Managing Partner di Vertis SGR e membro del Board di Valutazione del Premio Innovazione Sicilia, approfondisce cosa significa investire nel Sud, quali competenze servono davvero alle startup e cosa ferma la Sicilia nella corsa all’innovazione.

Innovare e investire al Sud

Il dialogo con Giurazza parte da una domanda essenziale: quali sono oggi le opportunità per chi vuole avviare un’impresa nel mondo dell’innovazione? La risposta intreccia la sua biografia professionale, con la storia di Vertis SGR, società di gestione del risparmio che guida dal 2007 e che rappresenta ancora oggi l’unica SGR del Sud Italia specializzata in private equity e venture capital.

Vertis SGR è basata a Napoli, ma ha uffici anche a Milano e si caratterizza perché investe prevalentemente al Sud. Da qui una scelta strategica precisa, ovvero destinare una quota maggioritaria dei capitali raccolti alle imprese meridionali: “Fino a oggi abbiamo investito più del 50% dei capitali raccolti al Sud e abbiamo fatto più del 50% delle operazioni di investimento in start up e aziende del Sud”, spiega Giurazza.

Vertis SGR e il focus sul Mezzogiorno

Vertis attualmente gestisce un fondo nato 9 mesi fa, dedicato al Mezzogiorno, con una dotazione di 60 milioni di euro, ed è alla ricerca di startup prevalentemente digitali per impiegare i suoi capitali.

L’obiettivo è portare capitali privati nei territori che storicamente ne ricevono meno. Il mercato italiano del venture capital continua a mostrare una forte polarizzazione geografica, con la quasi totalità delle operazioni concentrate nel Centro-Nord, mentre il Sud, pur in crescita, rimane sottorappresentato.

In questo quadro, la presenza di un operatore come Vertis assume un valore sistemico: non solo come investitore, ma come attore che contribuisce a costruire un ecosistema di competenze, relazioni e casi di successo replicabili.

Dal capitale alle competenze: UniVertis

Giurazza, però, non si ferma al tema dei capitali. Nell’intervista introduce un secondo tassello, altrettanto cruciale: la formazione di figure capaci di valutare le imprese innovative. “Per far sì che al Sud nascano nuovi operatori, abbiamo dato vita tre anni fa a una scuola di formazione benefit che non ha scopo di lucro e si chiama UniVertis”.

UniVertis è una business school benefit dedicata agli analisti finanziari: coinvolge ogni anno decine di giovani e oltre cento docenti provenienti dal mercato per formare nuove generazioni di analisti finanziari, cioè figure professionali che decidono se le startup sono meritevoli o meno di beneficiare di capitali.

La logica è chiara: senza professionisti in grado di leggere un business plan, fare due diligence, comprendere i rischi e gli orizzonti di crescita, non esiste vero ecosistema di venture capital.

Cosa serve davvero alle startup

Ma l’attenzione alle competenze non riguarda solo chi lavora nei fondi. Giurazza entra nel merito anche di ciò che un investitore si aspetta da una startup che chiede capitale. “Noi cerchiamo start up che non sono soltanto un’idea imprenditoriale e devono ancora partire, ma qualcosa che già è partito, che già è da qualche mese o qualche anno sul mercato, che già può dimostrarci delle metriche riguardanti la vendita del prodotto o del servizio e che necessitano di capitali di una certa consistenza”.

Quindi sottolinea: “Noi investiamo da un minimo di 500mila fino anche a 3 milioni di euro, quindi sostanzialmente non ci interessano le idee imprenditoriali che sono nella fase iniziale”.

L’orizzonte di riferimento è quello delle startup che hanno già validato il proprio prodotto o servizio sul mercato, con metriche di vendita, primi clienti, un modello di business che mostra potenziale di scalabilità.

La sfida di fare sistema

Proseguendo lungo la traiettoria del Premio Innovazione Sicilia 2025, il discorso si sposta sul tema della collaborazione e del “fare sistema”. Alla domanda su come vincere questa sfida, Giurazza non nasconde le difficoltà: “Fare sistema è una sfida complicata”. Quindi aggiunge: “Purtroppo dobbiamo prendere atto della dura realtà, cioè che la Sicilia è un po’ il fanalino di coda rispetto al Sud. Il Sud è indietro rispetto al Nord Italia e l’Italia è indietro rispetto all’Europa”, afferma senza giri di parole.

“Bisognerebbe, a mio avviso, che la Regione mettesse a disposizione dei capitali per sviluppare il venture capital in questa regione, in Sicilia, come hanno fatto la Puglia e il Lazio e stanno facendo anche la Sardegna e la Campania”. Bisogna intervenire laddove c’è il cosiddetto “fallimento del mercato”.

Il contesto in cui queste parole vengono pronunciate, fa la differenza. Eventi come il Premio Innovazione Sicilia facilitano la costruzione di quell’ecosistema complesso e variegato di cui parlano spesso gli operatori: un sistema in cui le imprese non sono sole nel rapporto con gli investitori, e dove la community dell’innovazione funziona da piattaforma per scambiare informazioni, creare fiducia e accelerare le connessioni tra domanda e offerta di capitale.

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