Cassa Depositi e Prestiti (attraverso Cdp Venture Capital) sta predisponendo un fondo per l’intelligenza artificiale dal valore di un miliardo di euro. Il fondo sarà ripartito lungo tre capitoli di spesa: 120 milioni per il trasferimento tecnologico, 500 milioni su startup esistenti che stanno migrando sull’intelligenza artificiale e 300 milioni sul campione nazionale. Il progetto di Cassa depositi e prestiti, è stato presentato da Agostino Scornajenchi, amministratore delegato di Cdp Venture Capital, in una intervista rilasciata alla rubrica Economia del Corriere della Sera. “Stiamo lavorando in queste settimane al regolamento del fondo”, spiega il manager che parla anche della necessità di un aumento degli investimenti in venture capital da parte di soggetti finora distanti da questi interventi come assicurazioni, fondi pensione e casse previdenziali che attualmente “investono solo lo 0,07% del loro patrimonio in venture capital”.
“Se questa quota salisse all’1%, si potrebbero aggiungere 3-4 miliardi di euro all’economia reale, superando l’obiettivo di raccolta quadriennale. C’è quindi ampio margine di crescita senza esaurire le risorse”, spiega.
Gli investitori istituzionali cercano rendimenti sicuri e spesso allocano fondi all’estero o in titoli di debito pubblico e aziendale, che non contribuiscono direttamente all’economia reale. “È necessario dimostrare che il venture capital può offrire rendimenti adeguati e sostenere le pensioni future, favorendo la nascita di nuove imprese”, spiega ancora il manager di Cdp, “è fondamentale stimolare la creazione di nuove imprese, anche attraverso un dialogo con Confindustria”. “Negli Stati Uniti 30 anni fa le più grandi aziende in Borsa si chiamavano General Motors, Exxon, General Electric, Chrysler”, aggiunge Scornajenchi, “oggi, dopo che quel modello è andato in crisi, a Wall Street dominano Apple, Amazon, Meta, Tesla, tutte ex startup cresciute con e dalventure capital. A Piazza Affari, invece, vediamo permanere nel listino banche che hanno fra i 100 e i 200 anni di storia, partecipate statali e imprese familiari, spesso alle prese con delicati passaggi generazionali”.
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