Del Ficodindia non si butta niente, il progetto siciliano premiato all’Agrinnovation Awards

Del ficodindia non si butta niente. E’ questa l’intuizione alla base di uno dei progetti innovativi dell’Agricoltura siciliana. Con mezzo milione di euro di fondi per l’innovazione attinti dalla dotazione Psr Sicilia 2014-2020 è così EbioScart -Go Fico. Il progetto poggia sui principali asset da valorizzare nell’approccio all’innovazione: è un progetto innovativo di sistema e di prodotto, è green e sostenibile perché tutela e valorizza il territorio ed è di economia circolare, poiché utilizza e riutilizza in svariati settori merceologici gli scarti, i residui e le piante non commerciabili del ficodindia, una delle piante simbolo del panorama agricolo siciliano.  L’idea è semplice: si vuole dare “nuova vita” agli scarti della produzione di ficodindia, ottenendo nuovi bioprodotti utilizzabili in più settori, anche distanti da quello agricolo in sé, e incoraggiando le azioni integrate di produttori, aziende di trasformazione e centri di ricerca.

Go Fico premiato in Portogallo

Il progetto che ha come capofila il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia ha suscitato interesse a livello internazionale, tanto da essere tra i finalisti ad Estoril, in Portogallo, dell’ Eip AgriInnovation Awards. Le attività del progetto si inseriscono nella filiera ficondindicola dei tre poli siciliani: Etna, Roccapalumba, Santa Margherita di Belice. Il progetto nasce dalla sfida che si sono intestati un gruppo di imprenditori agricoli che hanno intuito la possibilità di diversificare la produzione puntando sugli scarti.

Grazie agli studi del Cnr, dell’Università di Catania e a tutti i partner, che vedono nel Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia (PSTS) il soggetto capofila, il progetto è stato plasmato in una dimensione di ’Agricoltura 4.0. Il focus del progetto è l’utilizzo degli scarti del ficodindia, da cui si estraggono pectine, betanine, mucillagini, olio di semi di ficodindia, preziose risorse per le industrie parafarmaceutiche, nutraceutiche e cosmesi, capaci di raddoppiare l’economia del frutto che già da solo aveva conquistato importanti fette di mercato non solo italiano ma anche internazionale.

Un progetto nato nelle Università Siciliane

La produzione di ficodindia, va ricordato, è localizzata per il 97,8% in Sicilia. Alla coltura del ficodindia sono dedicati in Sicilia oltre 8 mila ettari, con una produzione pari a 150 mila tonnellate anno. Circa 10-15 mila tonnellate (10%) di frutti, però, non sono idonei alla commercializzazione a causa delle dimensioni ridotte e dei danni biotici o abiotici. Senza un progetto e una visione alternativa, tutta quella materia naturale, che contiene composti bioattivi di potenziale interesse per l’industria nutraceutica, cosmetica, farmaceutica, food e beverage, sarebbe stata destinata al macero.

Con gli scarti del ficodindia prodotti green

Con EbioScart Go Fico, si avvia così una produzione di pectine, coloranti e oli che costituiscono un’opportunità concreta di sostegno della redditività del sistema produttivo regionale, attraverso un processo industriale che approdi alla estrazione green di bioprodotti di interesse per il mercato e per i claims “naturale”, “residual” e “green”. Al contempo, questa innovazione accompagna le aziende agricole in un processo di modernizzazione gestionale di tracciabilità, sviluppando nuove sensibilità verso la sostenibilità ambientale. Con approccio di economia circolare, la creazione di nuovi prodotti potrà incrementare margini di redditività aziendale, e grazie allo smaltimento degli scarti rendere più sostenibile l’intero ciclo produttivo.

La leggendaria storia del Ficodindia

La Opuntia Ficus-indica è arrivata in Sicilia intorno all’anno 827, probabilmente con i Saraceni o più tardivamente con gli arabi, ed è riuscita naturalmente a colonizzare l’isola. Nel ‘900 la pianta veniva utilizzata solo per rimarcare i confini dei terreni agricoli, mentre nel periodo dei conflitti mondiali rappresentativa il pane dei poveri. In questo millennio si è iniziato ad apprezzare maggiormente il frutto, che ha visto la nascita dei quattro poli produttivi. Solo quattro anni fa, grazie all’iniziativa degli agricoltori del Sud-ovest etneo, complice la crisi del settore agrumicolo, il ficodindia ha iniziato a guadagnare ettari di terreno, soppiantando gli agrumeti terrazzati. Oggi, grazie alla complicità delle imprese agricole che hanno scelto di puntare sul ficodindia, mettendo a disposizione il loro know out, la loro esperienza, il frutto non solo si attesta come cultura da reddito in Italia, ma comincia a conquistare sempre più stati in Europa, per guardare anche oltre Oceano, riuscendo anche a conquistare mercati insperati.

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