Perché senza ecosistemi innovativi il Sud e la Sicilia continueranno a perdere giovani (e miliardi)
News - 28/11/2025
di Redazione
Il nuovo Rapporto SVIMEZ 2025 racconta un Mezzogiorno che cresce ma che continua a perdere la sua risorsa più preziosa: il capitale umano qualificato. È un paradosso che riguarda soprattutto la Sicilia, dove l’occupazione aumenta, l’università attira più studenti, i servizi ICT crescono, i posti di lavoro si moltiplicano. Eppure la fuga dei giovani non si arresta.
La ragione è chiara: la crescita non basta. Mancano ecosistemi innovativi in grado di trasformare la formazione in opportunità, la competenza in carriera e l’aspirazione in futuro.
Sicilia: cresce il lavoro, ma non il lavoro qualificato
Nel Mezzogiorno, tra 2021 e 2024, l’occupazione è aumentata come non accadeva da anni, e la Sicilia ha beneficiato in modo significativo di questa dinamica. Tuttavia la maggior parte delle nuove opportunità per i giovani continua a concentrarsi in settori a bassa specializzazione, come turismo e ristorazione. Qui si entra, ma difficilmente si cresce.
In parallelo, i salari reali diminuiscono più che nel resto del Paese e la quota di lavoratori poveri è in aumento. Il lavoro c’è, ma non valorizza le competenze avanzate. Il lavoro esiste, ma non trattiene.
Il costo della fuga dei cervelli
Nel triennio 2022-2024, più di quarantamila giovani siciliani tra i 25 e i 34 anni hanno lasciato l’isola. Una città intera spostata altrove nel giro di tre anni. Sono soprattutto laureati e professionisti qualificati, formati in gran parte nelle università meridionali.
Il danno non è solo demografico o sociale. È economico. La Sicilia perde ogni anno una quota ingente degli investimenti pubblici destinati alla formazione dei suoi giovani, investimenti che generano valore altrove: nel Centro-Nord o in altri Paesi europei.
È una dinamica che impoverisce il territorio due volte: sottrae competenze e sottrae i rendimenti futuri dell’investimento formativo.
Perché i giovani se ne vanno: un ecosistema che non assorbe competenze
La Sicilia ha università più attrattive rispetto al passato, immatricolazioni in crescita e risultati migliori nei percorsi formativi. Crescono anche i settori più innovativi, come ICT, PA digitale, industria legata al PNRR.
Tuttavia il tessuto produttivo rimane caratterizzato da imprese piccole, poco capitalizzate e con scarsa capacità di assorbire laureati e tecnici specializzati. Le opportunità nei comparti avanzati non sono ancora sufficienti per generare un ecosistema che trattenga talento.
I giovani non lasciano la Sicilia perché non ci sono competenze. Le competenze ci sono. Ma non trovano un sistema in grado di valorizzarle.
La ZES Unica e il ruolo delle grandi imprese: segnali da non ignorare
Esistono però segnali che indicano la strada. La ZES Unica ha già generato investimenti importanti e ha individuato filiere strategiche ad alto contenuto tecnologico in cui il Mezzogiorno – e la Sicilia – possono competere: digitale, biotech, cleantech, elettronica, aerospazio.
In parallelo, dove sono presenti grandi imprese, il territorio mostra una maggiore capacità di generare filiere, innovazione e occupazione qualificata. È nei poli industriali più strutturati che i giovani trovano lavoro coerente con le loro competenze e dove iniziano a tornare.
La sfida è trasformare questi segnali in sistemi veri, stabili e territorialmente radicati.
La ricetta per trattenere i giovani
Servono politiche industriali che vadano oltre il ciclo del PNRR, in grado di costruire un’economia della conoscenza anche nel Mezzogiorno. La ricetta passa da alcuni elementi chiave:
- Rafforzare i settori tecnologici e le filiere ad alta intensità di conoscenza.
- Integrare università, ricerca, imprese e istituzioni in un sistema coerente, non frammentato.
- Attrarre investimenti industriali avanzati e favorire la crescita dimensionale delle imprese locali.
- Costruire un ecosistema che renda possibile crescere professionalmente senza dover migrare.
- Garantire servizi essenziali – casa, trasporti, asili, sanità territoriale – che rendano la vita sul territorio sostenibile e competitiva.
Il futuro della Sicilia si gioca sull’innovazione
Il linguaggio del nuovo Rapporto è chiaro: la libertà di muoversi non basta, bisogna garantire il diritto a restare. La Sicilia potrà fermare la grande fuga solo se riuscirà a trasformare la crescita in sviluppo, e lo sviluppo in opportunità. Senza ecosistemi innovativi, continuerà a formare competenze che generano valore altrove.
L’innovazione non è un tema accessorio. Non è un tema per addetti ai lavori. È l’unica condizione per dare ai giovani un motivo per restare e per costruire una Sicilia che non cresca solo nei numeri, ma anche nella qualità della vita, delle imprese e del lavoro.
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