Dare forma all’ecosistema dell’innovazione: perché alla Sicilia serve un’innovazione che sappia addensarsi

In ogni innovazione di successo convivono tre elementi imprescindibili: creatività, tecnologia e orientamento commerciale. La loro integrazione — non la semplice presenza — permette agli innovatori di creare prodotti, di trasformarli in imprese e di scalare i mercati e creare benessere.

Ebbene, ciò che emerge dall’indagine condotta tra i partecipanti al Premio Innovazione Sicilia 2024 e 2025 è che questi tre elementi, in Sicilia, ci sono ma non si incontrano. La creatività è abbondante, la tecnologia è diffusa, sebbene sia sviluppata in modo disomogeneo e poco strutturato, l’orientamento al mercato è apprezzato, sebbene sia un’aspirazione più che una pratica. Ma ciò che manca è il ponte tra questi tre mondi. Creatività, tecnologia e mercato non dialogano, non si rafforzano a vicenda.

Gli indicatori che abbiamo costruito per misurare creatività, tecnologia e orientamento commerciale, infatti, mostrano correlazioni sorprendentemente basse: ciò che dovrebbe crescere insieme, crescere separato, non si solidifica e limita le chances di successo dell’innovazione siciliana.

Come spesso accade in Sicilia, siamo pieni di individualità, ricchi cioè di innovatori — per numerosità e per diffusione territoriale, ben più di quanto ci aspettassimo — ma poveri di connessioni, di intrecci, di legami istituzionali e informali.

Manca, in altre parole, l’infrastruttura senza la quale non è possibile rafforzare le connessioni tra i tre fattori di successo dell’innovazione per cui, senza un cambiamento di rotta, difficilmente potrà diventare una strategia sostenibile della crescita economica regionale.

L’assenza dell’infrastruttura è il riflesso del peculiare ambiente economico e cognitivo siciliano, caratterizzato da bassa connessione formale e alta entropia cognitiva.

Bassa connessione formale 

In Sicilia esistono pochi percorsi consolidati, poche regole chiare che orientino i processi di trasformazione dell’innovazione in prodotto e in impresa, per cui ogni innovatore deve costruire da solo il proprio cammino.

Scarseggiano i corridoi formali che danno struttura al percorso di accompagnamento e trasformazione dell’idea in un prodotto. In altre parole l’ambiente non impone ordine: qualunque percorso è possibile, ma nessuno è più probabilmente di successo.

Per esempio, un innovatore siciliano che voglia validare il proprio prodotto trova pochi percorsi stabiliti di supporto, poche opportunità di apprendimento diffuse sul territorio o un calendario di appuntamenti, che nel corso dell’anno lo mettano in contatto con potenziali validatori.

Di conseguenza, procede a tentoni, prova un po’ di tutto, qualche risposta viene fuori, ma non con sistematicità. Lo sviluppo tecnologico rimane quindi un’attività artigianale, l’orientamento al mercato non costruito con la necessaria applicazione strategica, la creatività un esercizio individualmente appagato, ma isolato.

Alta entropia cognitiva 

D’altra parte, l’ambiente è saturo di entropia cognitiva. In assenza di mappe comuni, ogni innovatore interpreta il proprio percorso in modo diverso. Le decisioni sono spesso solitarie, riferimenti pochi, i feedback scarsi. Gli innovatori non condividono una comune rappresentazione di cosa significhi avanzare nel sentiero che dall’innovazione porta all’impresa. Il risultato è una dispersione interpretativa che riduce la coerenza delle traiettorie rendendone meno probabile il successo.

Per esempio, durante un workshop, più team discutono dei target di mercato che un innovatore dovrebbe porsi. Ma ciascun team intende il target di mercato in modo differente, nessuno usa lo stesso metodo per raccogliere feedback, non esiste una base di conoscenza scientifica condivisa sulla quale costruire un cammino strategico per l’innovatore. 

In un contesto con bassa connessione formale e alta entropia cognitiva, il legame tra creatività, tecnologia e mercato non emerge spontaneamente, l’ambiente non si addensa dal punto di vista delle conoscenze o delle opportunità e tanto potenziale rimane non sfruttato. 

Innovation Island 

Ed è qui che entra in gioco Innovation Island, l’hub di innovazione costruito attorno al Premio Innovazione Sicilia. Molti si chiedono a cosa serva, quale valore produca, come possa sostenere un nuovo modello di crescita regionale. La domanda è legittima: gli hub non producono innovazione nello stesso senso in cui un’impresa produce beni. Gli hub infatti costruiscono ambienti, cioè condizioni cognitive, sociali, comportamentali e informative che rendono probabile la trasformazione di un’idea in un valore economico e sociale.

Nella letteratura sugli ecosistemi innovativi, gli hub più efficaci adattano le loro strategie al territorio e alla popolazione degli innovatori. Tel Aviv non replica Boston; Aalto non replica Singapore; Medellín non replica Berlino. Poiché non esiste un modello universale, ogni ecosistema richiede una progettazione specifica del proprio ambiente cognitivo.

Viste le caratteristiche della realtà siciliana, Innovation Island utilizza tre leve strategiche, che non sono semplici raccomandazioni operative ma veri e propri principi di progettazione dell’ambiente. Sono questi principi che permettono di passare da un territorio dove le idee sono molte ma i legami pochi, a un ecosistema dove la rete si addensa, si struttura e si rafforza. Sono i principi che trasformano un insieme di nodi isolati in una trama produttiva.

Ridurre il costo cognitivo delle interazioni 

Il primo principio è ridurre il costo cognitivo delle interazioni. Poiché in Sicilia, chiedere feedback, trovare un partner tecnico, ricevere un parere esperto, iniziare una collaborazione è spesso difficile, Innovation Island risponde mettendo a disposizione servizi educativi, di mentorship e di confronto che abbassano l’attrito cognitivo e rendono più probabile la creazione di legami.

Aumentare il rendimento del giudizio raffinato 

Il secondo principio è aumentare il rendimento del giudizio raffinato. Una delle domande più sottovalutate nella progettazione degli hub è: in questo ecosistema, pensare bene conviene? Se l’ambiente premia il pitch brillante e non il processo, gli innovatori investono nel pitch. Se premia la comprensione del mercato, investono nel mercato.

Se premia l’uso critico dell’IA, investiranno nell’uso critico dell’IA. Poiché gli incentivi sono super poteri, Innovation Island sta costruendo un ecosistema che premia la qualità del processo decisionale, la sperimentazione e la mentorship cognitiva, al fine di migliorare il modo di pensare degli innovatori. In un ambiente che valorizza il giudizio raffinato, la creatività non si disperde: si incanala.

Rendere visibili le complementarietà 

Il terzo principio è rendere visibili le complementarietà. Un ecosistema di innovazione funziona quando i suoi membri si incontrano, quando le competenze non rimangono nascoste, la conoscenza si addensa e le soluzioni si moltiplicano.  

Altrimenti, la tecnologia rimane frammentata e l’orientamento commerciale rimane un’aspirazione. In risposta, Innovation Island sta mappando le competenze del territorio, sviluppando sistemi di skill bartering e attivando collaborazioni trasversali tra i diversi attori che permettono il successo dell’innovazione. Rendendo visibili le complementarietà, Innovation Island sta contribuendo a creare opportunità e valore. 

Dal disordine all’organizzazione 

Innovation Island funziona, in questo senso, come una forma di energia ordinatrice. Un territorio esposto all’innovazione è infatti un sistema aperto, attraversato da flussi continui di idee, persone, relazioni, competenze: una ricchezza enorme, ma anche una forza che rischia di disperdersi se non incontra strutture capaci di darle forma. 

Innovation Island è proprio questo: un meccanismo che immette energia organizzativa in un ambiente che ne ha bisogno. Introduce punti di riferimento, rituali, percorsi condivisi; crea momenti ricorrenti di confronto, allinea linguaggi, stabilizza aspettative. Costruisce così, poco alla volta, quella grammatica comune senza la quale nessun ecosistema può coordinarsi e crescere. 

Quando questa energia organizzativa entra in circolo, accadono due trasformazioni decisive. Anzitutto, le idee smettono di essere traiettorie individuali e diventano traiettorie condivise. Si toccano, si combinano, si rafforzano.

Quindi, le connessioni si moltiplicano, diventano più dense, più robuste, più capaci di sostenere percorsi di successo. È così che nascono le ‘isole di ordine’: cluster di innovatori che lavorano insieme, filiere che emergono spontaneamente, team che scoprono complementarietà fino a quel momento invisibili. È così che un sistema ad alta entropia cognitiva inizia a trasformarsi in un tessuto connettivo.

È in questo passaggio che Innovation Island punta a realizzare — dall’isolamento alla connessione, dalla dispersione all’ordine, dall’energia al sistema — che la Sicilia può trovare una nuova traiettoria di sviluppo, un modello che la trasformi in un ecosistema accogliente per l’innovazione, in cui la creatività smetta di essere solo un potenziale ma diventi l’impresa e la prosperità del futuro.