Francesco, il pontefice che pensava una IA al servizio dell’uomo

Papa Francesco, scomparso a Roma, primo pontefice Gesuita e primo ad assumere il nome di Francesco, si è caratterizzato per una attenzione ai temi dell’attualità e della contemporaneità. Il primo viaggio del suo mandato compiuto a Lampedusa portando all’attenzione del mondo il problema dei migranti nel 2013; la sua visione di Chiesa come “ospedale da campo” secondo una definizione che è stata rilasciata nel corso di una intervista a “Civiltà Cattolica” per portare la Misericordia dove è necessario sono state le cifre del suo Pontificato espresse in maniera chiara già all’inizio del suo mandato. Francesco, attento alla contemporaneità, si è anche espresso sul ruolo dell’intelligenza artificiale. Il suo discorso più importante in tal senso è stato pronunciato al vertice del G7 di Borgo Egnazia, in Puglia, il 14 giugno 2024. Quella partecipazione senza precedenti segnò un momento storico: fu la prima volta che un Papa prese parte a un vertice intergovernativo di tale livello per parlare di tecnologia, etica e futuro dell’umanità. La sua preoccupazione sui temi dell’intelligenza artificiale non era tecnica, ma profondamente umana: restituire dignità, libertà e giustizia a ogni persona, anche nell’era degli algoritmi. Francesco aveva parlato nuovamente di IA anche qualche giorno dopo, il 22 giugno, nel corso di un discorso ai partecipanti alla conferenza internazionale della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, tenutasi a Roma presso il Pontificio Istituto Patristico Augustinianum: “uno strumento che deve restare nelle mani dell’uomo”.

“Uno strumento affascinante e tremendo”

Papa Francesco aprì il suo discorso con un richiamo biblico che collegava la tecnologia al dono divino della creatività:

«La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano “saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro” (Es 35,31)».

Ma subito dopo mise in guardia sull’ambivalenza dell’intelligenza artificiale: «il suo uso influenzerà sempre di più il nostro modo di vivere, le nostre relazioni sociali e nel futuro persino la maniera in cui concepiamo la nostra identità di esseri umani». E ancora, con parole nette: «l’intelligenza artificiale è uno strumento affascinante e tremendo al tempo stesso ed impone una riflessione all’altezza della situazione».

La tecnologia come traccia dell’“ulteriorità” umana

In una delle riflessioni più profonde del discorso al G7, Francesco descrisse l’essere umano come “radicalmente aperto all’oltre”, capace di trascendere la propria condizione biologica: «Viviamo una condizione di ulteriorità rispetto al nostro essere biologico; siamo esseri sbilanciati verso il fuori-di-noi, anzi radicalmente aperti all’oltre. […] La tecnologia è così una traccia di questa nostra ulteriorità». Tuttavia, sottolineò anche il rischio che la tecnologia, compresa l’IA, venga usata in modo perverso: «L’umanità ha pervertito i fini del suo essere trasformandosi in nemica di sé stessa e del pianeta. […] Solo se sarà garantita la vocazione al servizio dell’umano, gli strumenti tecnologici riveleranno la grandezza dell’essere umano».

Decisione, non semplice scelta: l’irrinunciabile libertà umana

Francesco chiarì il pericolo di delegare alle macchine scelte che spettano all’uomo: «Dobbiamo aver ben chiaro che all’essere umano deve sempre rimanere la decisione […]. Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita». E denunciò in modo forte l’uso dell’IA in ambito bellico: «È urgente ripensare lo sviluppo e l’utilizzo di dispositivi come le cosiddette “armi letali autonome” per bandirne l’uso. Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere se togliere la vita a un essere umano».

Algoretica e dignità: un’etica per i tempi nuovi

Francesco ribadì con forza che l’IA non è neutra e che servono criteri morali condivisi: «nessuna innovazione è neutrale. La tecnologia rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere». Da qui, il sostegno alla Rome Call for AI Ethics e alla proposta di una nuova disciplina: «Nel termine “algoretica” si condensano una serie di principi che si dimostrano essere una piattaforma globale e plurale […]. Affinché i programmi di intelligenza artificiale siano strumenti per la costruzione del bene, debbono essere sempre ordinati al bene di ogni essere umano».

L’ultima lezione: la politica come custode del futuro

Proprio perchè la sua preoccupazione sui temi dell’intelligenza artificiale non era tecnica, ma profondamente umana nel concludere il suo discorso, Francesco invocò la responsabilità della “sana politica” per guidare il cambiamento tecnologico: «la politica serve! […] Solo una sana politica potrebbe averne la guida, coinvolgendo i più diversi settori e i più vari saperi».