H&M sostituisce i modelli con l’AI: il futuro della moda

Un capo trendy appare su Instagram, perfetto sotto le luci di un tramonto digitale. Ma il modello che lo indossa? Non è reale. Il colosso svedese della moda H&M sta aprendo una nuova frontiera nel mondo del fashion, annunciando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI) per creare “gemelli digitali” di 30 modelli reali. Questi avatar, identici ai loro corrispettivi umani, saranno protagonisti di campagne pubblicitarie e post sui social media a partire dal 2025, con l’obiettivo di innovare il modo in cui la moda viene presentata al pubblico. “Siamo curiosi di esplorare nuove modalità creative per mostrare la nostra moda, abbracciando i benefici della tecnologia senza perdere il nostro focus sullo stile personale”, ha dichiarato Jörgen Andersson, chief creative officer di H&M.

Come funzionano i gemelli digitali di H&M

Il progetto, sviluppato in collaborazione con la tech company svedese Uncut, parte da un processo tanto affascinante quanto complesso. Decine di foto dei modelli – scattate da diverse angolazioni e in varie condizioni di luce – vengono caricate in un sistema di intelligenza artificiale generativa. L’AI elabora questi dati per creare una versione digitale fotorealistica del modello, capace di essere stilizzata, posizionata e “vestita” senza bisogno di ulteriori shooting fisici. Il risultato? Immagini perfette pronte in tempi record e a costi ridotti, ideali per campagne su Instagram, TikTok o poster promozionali. H&M assicura che ogni immagine sarà accompagnata da watermark o indicazioni chiare per segnalarne l’origine artificiale, rispettando le normative delle piattaforme social che richiedono trasparenza sull’uso dell’AI.

Un risparmio per l’azienda, un rischio per i lavoratori?

L’adozione dei gemelli digitali promette di rivoluzionare la produzione di contenuti per H&M, che gestisce oltre 4.000 negozi in 75 mercati con marchi come Arket, Cos e Monki. Louise Lundquist, business development manager di H&M, ha spiegato a Business of Fashion che questa tecnologia “cambierà il modo in cui produciamo contenuti”, anche se i dettagli restano da definire. Il vantaggio per l’azienda è evidente: meno spese per set fotografici, viaggi e personale, con un processo più rapido e scalabile. Ma c’è un rovescio della medaglia. L’eliminazione di shooting tradizionali potrebbe ridurre le opportunità di lavoro per fotografi, truccatori, stilisti e altri professionisti del settore. L’influencer americana Morgan Riddle ha definito la mossa “vergognosa” su Instagram, lamentando: “RIP a tutti gli altri lavori sui set che questo eliminerà”. Una preoccupazione condivisa da molti nel mondo della moda.

Modelli e compensi: diritti sotto controllo

H&M tiene a precisare che i modelli avranno il pieno controllo sui loro doppelgänger digitali. Ogni gemello virtuale sarà di proprietà del modello originale, che dovrà dare il consenso per il suo utilizzo in campagne specifiche, sia da parte di H&M che di altri brand. La compensazione? Simile a quella tradizionale: i modelli saranno pagati per l’uso delle loro immagini digitali in base a tariffe concordate con le loro agenzie. “È il gemello digitale a essere compensato per i diritti d’uso del gemello digitale”, ha chiarito Lundquist, sottolineando una struttura che tutela – almeno in teoria – i diritti dei lavoratori. Per alcuni modelli, come Mathilda Gvarliani, questa innovazione è un’opportunità: “È come me, ma senza jet-lag”, ha commentato in un’immagine condivisa con Business of Fashion. Un modo per moltiplicare le presenze senza viaggiare.

Il sindacato alza la voce: servono tutele

Non tutti, però, sono convinti. Paul W Fleming, segretario generale di Equity, il sindacato britannico che rappresenta i modelli, ha accolto con cautela l’iniziativa. “Il controllo totale dei modelli sulla loro immagine e una paga equa per il suo utilizzo sono vitali”, ha dichiarato alla BBC. Tuttavia, ha aggiunto che il panorama attuale offre “poche o nessuna protezione” contro l’uso improprio dell’AI, come lo scraping illegale di immagini da parte di big tech senza consenso. Equity, insieme ad altri sindacati del settore creativo, sta spingendo per accordi collettivi e leggi che regolino l’uso dell’intelligenza artificiale, un tema caldo dopo lo sciopero degli attori SAG-AFTRA del 2023, dove i “cloni digitali” sono stati al centro del dibattito. Per Fleming, i contratti ingiusti che negano ai modelli i diritti sulla loro immagine restano “un’aberrazione”.

Un trend in crescita: da Levi’s a Hugo Boss

H&M non è il primo a sperimentare l’AI nella moda. Nel 2023, Levi Strauss & Co ha testato modelli generati dall’AI per aumentare la diversità nelle sue campagne, salvo poi fare marcia indietro dopo le critiche, assicurando che non avrebbe ridotto gli shooting dal vivo. Anche Hugo Boss ha esplorato l’uso di immagini generate per promuovere i suoi prodotti. La tecnologia generativa, capace di creare contenuti realistici a partire da semplici prompt testuali, sta conquistando sempre più spazio grazie alla sua velocità e convenienza. Ma il backlash è dietro l’angolo: molti temono che l’adozione massiccia dell’AI possa trasformare la moda in un’industria sempre più virtuale, a scapito della creatività umana e dei posti di lavoro.

Vantaggi e svantaggi: un equilibrio delicato

Per H&M, i benefici sono chiari. I gemelli digitali permettono di creare campagne su misura senza i limiti logistici degli shooting tradizionali, riducendo i costi e l’impatto ambientale dei viaggi. Uncut, il partner tecnologico, promuove il suo servizio come un modo per dire addio a “metodi di produzione obsoleti”, rendendo il processo “più semplice, intelligente ed economico”. Eppure, il rischio è che questa efficienza si traduca in una perdita di autenticità. La moda vive di emozioni e connessioni umane: un avatar, per quanto perfetto, può davvero sostituire il carisma di un modello in carne e ossa? E il pubblico, abituato a scrutare ogni dettaglio, accetterà di buon grado abiti “indossati” da cloni digitali?

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