Innovazione e agroalimentare in Sicilia, il futuro è possibile

Innovazione ed agroalimentare: non è un ossimoro, e il grande patrimonio del nostro territorio può essere salvaguardato e valorizzato proprio grazie alle nuove tecnologie ed al rispetto delle tradizioni. Per capire come questo connubio si possa realizzare, abbiamo incontrato Alessandra Gentile, docente di Arboricoltura e coltivazioni arboree all’Università di Catania. Gentile è anche componente del tavolo tecnico della Strategia regionale S3, con il compito di individuare le linee strategiche per applicare l’innovazione a quel grande tesoro che è il nostro settore agroalimentare.

Dalla tutela dei materiali genetici alle nuove colture

Ecco come l’innovazione scende in campo per difendere quei tesori. “L’innovazione si può declinare partendo anche dai materiali genetici, da quella biodiversità di cui l’università si fa sempre carico. Anche la Regione Siciliana si fa sempre carico di proteggere quel patrimonio di cui la Sicilia è particolarmente ricca”.

Sul piano pratico, come si deve intervenire?

“L’innovazione nell’agroalimentare è certamente un’innovazione di processi e di prodotto. Da una parte bisogna innovare con varietà, con nuove specie, anche in funzione del cambiamento climatico, che vengono ad arricchire le potenzialità della nostra terra. Ci sono nuove possibilità di coltivazione anche in maniera sostenibile, di alcune specie che prima non c’erano e che oggi sono presenti, ovvero di alcune specie che prima c’erano, poi sono andate in qualche modo in dormienza e poi sono state riscoperte. Parlo spesso anche di alcuni fruttiferi minori che hanno avuto anni di buio e che oggi vengono riscoperti, per cui anche questa è un’innovazione che in questa terra si può realizzare attraverso le eccellenze che abbiamo di specie e di varietà. Poi, serve anche un’innovazione di prodotto, ovvero con le tecnologie e anche le tecnologie, quelle che sembrerebbero più distanti dalla tradizione agroalimentare. Parliamo di un ambiente che va dalla biotecnologia all’utilizzo dei mega data. Tutto questo rappresenta un mondo di tecnologiche a sostegno e a supporto di un agroalimentare nuovo. Ma è necessario, e lo dimostrano tutte le Igp e i prodotti a marchio che in Sicilia ci sono e anche fortemente legati al territorio, alle persone e alla tradizione”.

Anche ammettendo che le tecnologie riescano a intervenire sul settore agroalimentare, le innovazione di processo di prodotto come risolvono il problema del volume di fuoco. I nostri produttori, infatti, si caratterizzano per piccole e medie dimensioni. Quali sono le chiavi del successo per portare avanti questa grandissima nostra tradizione?

Serve maggiore aggregazione

“Sicuramente c’è un problema di dimensioni. L’impresa agroalimentare in Sicilia è quasi sempre un’impresa che si caratterizza per superfici con volumi sempre molto limitati . A differenza di quanto accade in altri territori in cui invece esistono imprese con superfici con volumi di produzione di gran lunga superiori a questo. Se da una parte un limite, per alcuni versi è anche una specificità, proprio perché la nostra terra si caratterizza anche per ambienti estremamente diversificati, a cui corrispondono produzioni molto diversificate. Quello che a mio avviso manca è quello di cercare di fare integrazione, aggregazione. Su questa mancanza stiamo lavorando tutti, anche in maniera sinergica, sia il mondo della politica, l’amministrazione regionale, ma anche il mondo della ricerca e dell’università. È un tema estremamente importante essere uniti e non essere sempre dei battitori liberi.

Le risorse a disposizione sono sufficienti?

“Ritengo, e questo ce lo dice, la storia anche del passato, quello che è accaduto negli ultimi anni che non sempre sia un problema di risorse. Le risorse possono essere sufficienti,ma vanno ben utilizzate. È veramente elementare quello che dico, però secondo me bisogna anche avere la capacità di non ripartire sempre da zero. Bisogna fare tesoro di quello che la precedente programmazione ha realizzato e ha sviluppato. Rispetto a questo, scegliere le migliori cose e cercare di dare continuità a quello che spesso accade. Lo dico da ricercatore, ovviamente più che dal mondo della produzione. Quello che spesso accade è che i finanziamenti sono, come dire a spizzichi e bocconi non c’è mai una continuità temporale che consenta poi di raggiungere un determinato obiettivo. Bisognerebbe, bisognerebbe avere il coraggio, probabilmente di realizzare degli investimenti con un tempo di maggiore, nel senso della stessa tempi della programmazione, cercare di essere più rapidi e più veloci nella realizzazione dei bandi e nella possibilità di finanziare e cercare eventualmente di dare continuità a quei buoni risultati, a quelle best practice che sono state ottenute precedentemente e cercare di dare continuità ad alcuni risultati perché a volte per l’ultimo miglio si perde a volte una grande opportunità di realizzazione”.