L’innovazione diseguale: quando l’Italia digitale prende strade diverse

C’è una mappa dell’Italia che non si vede nei manuali di geografia. Non parla di montagne, coste o autostrade, ma di qualcosa di invisibile e potentissimo: la rete di data center che alimenta l’economia digitale. È lì che finiscono i nostri dati, i servizi essenziali, i flussi che muovono imprese e amministrazioni. È lì che si misura – ormai sempre più chiaramente – il potenziale competitivo di un Paese. Ebbene, secondo l’ultimo rapporto del Censis, questa mappa racconta una storia familiare: un’Italia che corre a due velocità e in cui si verificano due fenomeni opposti: se le grandi città perdono abitanti, le infrastrutture digitali restano ancorate ai poli produttivi.

La mappa nascosta dell’innovazione

A livello globale i data center sono più di 10.000. Gli Stati Uniti dominano, l’Europa del Nord segue con passo deciso, la Cina consolida la sua presenza. L’Italia, con i suoi 208 data center, sembra stare in partita: decima al mondo, davanti a Paesi che spesso consideriamo più digitalizzati di noi. Ma basta osservare dove si trovano queste infrastrutture per capire che la partita non è equilibrata. In un Paese di quasi 8.000 comuni, i data center vivono in appena 48 di essi. E più della metà è concentrata in tre città: Milano (73), un vero polo magnetico della nuova economia; Roma (21), che segue da lontano; Torino (11), ancorata alla sua tradizione industriale. Poi c’è il resto del territorio, dove l’innovazione arriva a macchie di leopardo. Il Mezzogiorno, ad esempio, compare timidamente sulla mappa con soli 14 comuni. La prima città del Sud è Bari, che con le sue 6 strutture supera realtà più grandi, ma non riesce a riempire il vuoto attorno. Caserta, con 5, entra nella top ten, quasi come un piccolo miracolo in un deserto infrastrutturale.

Il Paese che cambia direzione

Ma mentre l’infrastruttura digitale resta ferma, gli italiani no. Negli ultimi quattordici anni il Paese ha vissuto un respiro irregolare, fatto di partenze, ritorni e cambi di rotta. Tra il 2010 e il 2024 il Mezzogiorno ha perso abitanti a ondate: una forte nel 2012, quando oltre 72.000 persone hanno lasciato il Sud, una ancora più imponente nel 2018, con più di 79.000 partenze. Il Centro ha attraversato un suo ciclo, prima attrattivo (2012) poi sempre meno, fino ai soli 5.047 nuovi residenti del 2024.

Il Nord, invece, ha raccolto i frutti di questi spostamenti: nel 2018 ha toccato il massimo di 72.000 nuovi arrivi con Milano e Roma che drenano gli arrivi. Roma nel 2012 ha guadagnato 18.000 nuovi residenti, Milano nel 2013 ha superato i 12.000. Poi qualcosa si è incrinato.  Dal 2019 i saldi cambiano segno, fino a un dato simbolico: Milano nel 2024 perde 10.530 residenti. E cambia soprattutto la direzione del movimento: se nel 2013 le città attiravano quasi 27.000 persone dai centri minori, nel 2024 fanno l’opposto: perdono 24.000 abitanti, che scelgono piccoli centri, periferie, zone rurali, luoghi dove la vita scorre più lenta.

Due geografie che non si parlano

Da una parte c’è l’Italia che si muove, che migra, che cerca un nuovo equilibrio tra qualità della vita, lavoro, servizi.  Dall’altra c’è l’Italia delle infrastrutture digitali, che invece resta saldamente ancorata ai poli metropolitani del Nord. È come se il Paese, nel suo complesso, avesse cambiato verso… ma la sua architettura digitale no. E qui nasce il paradosso: proprio mentre le persone tornano a popolare borghi, periferie e aree interne, l’infrastruttura che dovrebbe consentire loro di vivere, lavorare e innovare ovunque resta ancora prigioniera di pochi chilometri quadrati.

L’innovazione che non segue le persone

I data center non sono semplicemente dei luoghi dove si archiviano dati. Sono il motore silenzioso di una nuova forma di sviluppo: attirano investimenti, fanno nascere startup, determinano la qualità dei servizi digitali che tutti utilizziamo. Se continuano a concentrarsi in poche città, l’effetto è chiaro: il Nord consolida il suo vantaggio sistemico; il Centro resta sospeso in un ruolo sempre più incerto; il Mezzogiorno fatica a trasformare in opportunità il ritorno (lento ma crescente) di residenti e imprese.

L’Italia oggi si trova esattamente in questo punto critico: la geografia delle persone e quella dell’innovazione corrono su binari separati. E se non si incontrano, non basterà il ritorno ai borghi né l’efficienza delle metropoli per costruire un futuro equilibrato. Perché la trasformazione digitale sia un progetto davvero nazionale, occorre portare infrastrutture, investimenti e capacità tecnologiche dove oggi mancano. Immagine di DC Studio su Freepik.

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