Toti Amato e Dom Vittorio Rizzone: tra scienza e fede, innovare è mettere la persona al centro

Le parole di Dom Vittorio Rizzone, Presidente della Fondazione G.B. Dusmet e Abate del Monastero Benedettino di San Martino delle Scale, e Toti Amato, componente del Direttivo Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici e Presidente Ordine dei Medici Palermo, tracciano un percorso condiviso: innovare è un atto d’amore, la medicina è arte e la persona, con le sue relazioni, resta al centro di ogni autentico progresso.

Fede e scienza: un’unica ricerca di senso

Fede e scienza non sono mondi separati, ma linguaggi complementari della stessa tensione umana verso il significato. È questa la visione nitida che ritroviamo nel dialogo con Dom Vittorio Rizzone: “Non bisogna pensare con delle categorie antitetiche. In realtà fede e scienza sono espressioni del sentire dell’uomo” afferma, sottolineando come la “dimensione spirituale” accompagni quella pratica della ricerca, e come l’innovazione, intesa come “atto di amore“, sia insieme punto d’arrivo e forza originaria che muove.

Innovare è un atto d’amore

Nel contesto del Premio DusmetLife Science e Innovazione Sociale” — il cui claim è “Innovare è un atto d’amore” — le parole dell’Abate dell’antico monastero di San Martino delle Scale richiamano una responsabilità concreta: ogni innovazione autentica nasce da un’etica della cura e ritorna alla persona. L’amore non è ornamento retorico, ma principio operativo che orienta scelte, tecnologie, organizzazione dei servizi e ricerca.

Medicina come arte che si serve della scienza

“È un passaggio importante sottolineare che il medico esercita un’arte che si serve della scienza. Così si può definire che cosa è l’arte del curare, l’arte del prendersi cura delle persone”: queste dichiarazioni di Toti Amato restituiscono una cornice professionale limpida. Sono parole che ribadiscono la centralità della relazione clinica e la necessità di tenere insieme competenza scientifica ed umanità.

Persona al centro, oltre i concetti astratti

Amato precisa che la cura si rivolge alla persona, non all’individuo come entità astratta: “Quando parliamo di individui o di soggetti, adoperiamo termini astratti, ma c’è un termine che è invece molto più bello, costituito da anima e corpo, che è la persona“.

La medicina delle relazioni riconosce che la salute si costruisce in un tessuto di legami: “Quando parliamo, quando ci mettiamo in relazione con altre persone che hanno bisogno di curarsi, è un rapporto di relazioni umane. Senza relazioni l’individuo è solo“. È un invito a modelli di assistenza person-centred, in cui ascolto, continuità e compartecipazione diventano criteri di qualità.

Un premio che integra competenze e comunità

Eventi come il Premio Dusmet promuovono un’innovazione che non separa tecnologia e compassione. Nel dialogo tra Amato e Rizzone, questa integrazione significa investire in pratiche che rafforzino la relazione di cura, traducendo conoscenze cliniche in percorsi concreti per la comunità: dall’organizzazione dei servizi all’educazione alla salute, fino alle reti tra istituzioni, ricerca e territorio.

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