Joel Mokyr, il Nobel che ha spiegato perché l’innovazione è una cultura
News - 14/10/2025
di Antonio Giordano
Joel Mokyr, storico dell’economia e professore alla Northwestern University, è tra i vincitori del Premio Nobel per l’Economia 2025, insieme a Philippe Aghion e Peter Howitt. L’Accademia di Svezia ha premiato i tre economisti “per aver identificato i prerequisiti per una crescita duratura attraverso il progresso tecnologico”.
Ma tra loro, Mokyr rappresenta la voce più profonda: quella che ha dato all’innovazione una radice culturale. Nato a Leiden nel 1946, con doppia cittadinanza israeliana e statunitense. La sua opera più importante, A Culture of Growth: The Origins of the Modern Economy (Princeton, 2016), ha ridefinito il modo di pensare la relazione tra conoscenza, tecnologia e sviluppo economico.
L’innovazione come cultura del progresso
Per Joel Mokyr, l’innovazione non nasce da un singolo inventore o da un laboratorio ben finanziato, ma da una cultura del progresso. È una visione che rovescia le teorie economiche tradizionali: la crescita non è solo questione di capitale, ma di mentalità collettiva. L’Europa del XVII e XVIII secolo — spiega Mokyr — sviluppò un atteggiamento nuovo verso la conoscenza: la fiducia che il sapere potesse migliorare la condizione umana.
È in quel contesto che nasce la Rivoluzione Industriale, resa possibile da una combinazione di apertura mentale, competizione intellettuale e scambio di idee. Questa trasformazione diede vita a ciò che Mokyr chiama mercato delle idee: un ecosistema in cui filosofi, scienziati e tecnici competono per proporre soluzioni nuove e applicabili. In un’Europa frammentata politicamente ma connessa culturalmente, le idee potevano circolare liberamente, generando un ciclo continuo di innovazione.
Conoscenza e tecnica: l’alleanza che genera crescita
Un punto cruciale del pensiero di Mokyr è la relazione tra conoscenza astratta e abilità pratica. L’innovazione, sostiene, nasce quando la teoria incontra la competenza: quando chi produce nuove idee trova chi le sa tradurre in macchine, strumenti e processi. In questo senso, la crescita economica moderna è il risultato di una “cumulazione della conoscenza”: un processo in cui scienza e tecnica si rafforzano a vicenda. Per Mokyr, questa alleanza è il vero motore dell’economia, più ancora del capitale o del commercio. “Una società che non valorizza la conoscenza non può innovare — e una che non crede nel progresso non può crescere.” È una delle frasi più citate dell’autore e sintetizza la sua intera visione.
Perché il pensiero di Mokyr parla al presente
Il Nobel a Joel Mokyr arriva in un momento in cui il dibattito sull’innovazione è dominato dall’incertezza. Intelligenza artificiale, sostenibilità, automazione e disuguaglianza mettono alla prova la fiducia nel progresso tecnologico. Mokyr offre una bussola storica: ricorda che la crescita non è un automatismo, ma una scelta culturale e sociale. Nel linguaggio contemporaneo, l’idea di Mokyr si traduce nei concetti di ecosistema dell’innovazione, trasferimento tecnologico e contaminazione tra discipline. L’innovazione prospera dove le idee possono circolare liberamente, dove il fallimento non è uno stigma e dove la società considera la conoscenza un investimento collettivo.
Gli altri premiati: Aghion e Howitt, la distruzione creativa
Insieme a Mokyr, il Nobel è andato a Philippe Aghion (Collège de France) e Peter Howitt (Brown University), noti per il loro modello di crescita basato sulla distruzione creativa. Nei loro studi, l’innovazione sostituisce costantemente le tecnologie obsolete con nuove più produttive. Mokyr ha fornito la cornice storica che spiega quando e perché questo processo può funzionare: solo in una società che accetta il cambiamento come valore.
Una lezione per l’innovazione contemporanea
Il messaggio di Joel Mokyr è diretto e attuale: “Le economie prosperano quando la società considera la conoscenza un bene comune e l’innovazione un dovere morale.” In un’epoca segnata da polarizzazione e diffidenza verso la scienza, Mokyr ricorda che la crescita nasce da una visione positiva del futuro. Non basta inventare: serve una cultura che incoraggi a farlo. È questa, per lui, la vera cultura della crescita.
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