Roberto Galoppini: “Come l’open source ha cambiato il modo di innovare”
Premio Innovazione Sicilia - 03/12/2025
di Luisa Cassarà
“Ho cominciato a utilizzare software libero nel 94, per un motivo semplice: era qualcosa che risolveva un problema”. Roberto Galoppini (Director of Strategy FileZilla) dal palco del Premio Innovazione Sicilia, inizia così il suo racconto del “motore invisibile“, quell’open source che ha cambiato il modo globale di innovare. Allora la visione era ancora “passiva”, ma qualche anno dopo
Il codice sorgente, in principio, era libero: non esistevano limiti. Nel 1976 Bill Gates, con la “Lettera agli hobbisti” pone l’accento su un software che, in un certo senso, andava protetto. Così entra in gioco il copyright, con una legge operativa in America nel 1978. Così cambia tutto. Richard Stallman, programmatore e ricercatore, nel 1980 si accorge che il programma che aveva modificato per una stampante Xerox, era stato trasformato in software protetto dalla Xerox, quindi non più modificabile.
Da qui nasce il momento del software libero. Stallman non si inventa un programma alternativo per la stampante, ma si inventa un mondo: quello che va sotto il nome di GNU. Un mondo sul quale poi viene creato Linux e per il quale si prende cura dell’aspetto normativo. Dato che il copyright non permetteva di condividere il sapere, Stallman scrive insieme a un avvocato la prima licenza di software libero. Questa licenza consente di utilizzare un programma, leggerlo, modificarlo e redistribuirlo. La licenza è di tipo reciproco e crea una circolarità.
Siamo sempre negli anni Ottanta, non c’è ancora il cloud. Questa licenza non è concepita per un uso in Rete ma, non appena inizia l’internet che conosciamo oggi, può essere aggirata: il software può essere utilizzato, modificato e non redistribuito. Cominciano a nascere licenze che tendono a risolvere questo problema. Nascono tantissime licenze, permissive, che permettono anche di “chiudere” il codice. Si pensa per molti anni che la licenza sia l’inizio e la fine di ogni cosa.
“Ma perché è interessante il software libero?”, si chiede a questo punto Galoppini. Perché aggiunge una possibilità alle classiche “make or buy”. Il software open crea una terza opzione: prendere in prestito ciò che già esiste e creare altro, quindi accorcia i tempi dell’innovazione. Non è tutto gratis: il software è libero, ma quando inizio a utilizzarlo, ho anche responsabilità.
Arriva una nuova domanda: “Perché qualcuno decide di fare un programma open?” Ad esempio perché crede nella cultura del dono o perché vuole promuoversi, ma per le aziende è diverse. La persona può avere una motivazione individuale, ma nel caso dell’azienda la scelta è più complessa, deve soddisfare dei bisogni di business.
Esiste una distinzione tra tecnologia abilitante e differenziante, quindi in funzione del tipo di interesse che suscita nell’utente finale. È facile condividere qualcosa, quando è semplicemente abilitante – quindi perché l’aziende dovrebbe condividere un software open? L’azienda lo condivide per scrivere e manutenere il software costa: è una scelta di efficienza, abbatte i costi di manutenzione e futuro sviluppo.
Perché questo avvenga, però, non è determinante solo la licenza: ci sono molti altri elementi, come la gestione della proprietà intellettuale o la governance. Da qui la conclusione. Il paradigma del mondo open richiede di fare valutazioni: individui e aziende ne possono beneficiare, ma devono fare i loro calcoli.
Questo contenuto è stato scritto da un utente della Community. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.