Space economy, la legge c’è. Ma anche la confusione

Nel 2024 la space economy mondiale ha raggiunto i 613 miliardi di dollari, con un incremento del 7,8% rispetto all’anno precedente, trainata soprattutto dal comparto commerciale. L’Europa, dal canto suo, ha registrato vendite dell’upstream per 8,8 miliardi di euro e circa 66.000 addetti, segno di una filiera industriale in espansione. Gli investimenti privati si sono stabilizzati intorno ai 7,8 miliardi di dollari, con un record di startup europee finanziate e una crescita marcata in Cina.

Sul piano tecnologico, la rivoluzione dei smallsat (i piccoli satelliti orbitanti che forniscono, tra l’altro, connessioni e servizi) ha cambiato le regole del gioco: nel 2024 hanno rappresentato il 97% dei satelliti lanciati, consentendo cicli di innovazione più rapidi e costi di accesso ridotti.

Le applicazioni di osservazione della Terra e analisi geospaziale spingono mercati come difesa, agricoltura di precisione e monitoraggio ambientale, con previsioni di crescita a doppia cifra entro il prossimo decennio. Il quadro è chiaro: la space economy si configura come uno dei settori più innovativi e strategici a livello globale, con un impatto trasversale su tecnologia, sicurezza e sviluppo economico.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale lo scorso 24 giugno, la Legge n. 89/2025 segna un passaggio storico: per la prima volta l’Italia si dota di una normativa nazionale sulle attività spaziali. Un passo atteso da tempo, che secondo l’avvocata Anna Romano, name partner dello studio Satta Romano & Associati che da tempo segue tematiche su cybersicurezza e mondo digitale, “colma finalmente un vuoto normativo che durava da decenni e inserisce il nostro Paese tra quelli che hanno deciso di regolamentare il settore anche sul piano interno. Ma resta ancora molto da fare per renderla davvero efficace”.

Le luci e le ombre della nuova legge

Il testo, articolato in 31 articoli e cinque titoli, affronta i nodi principali: autorizzazioni, immatricolazione degli oggetti spaziali, regole sulla responsabilità e misure a sostegno della space economy. Tuttavia, osserva Romano, “gran parte dell’efficacia dipenderà dai decreti attuativi. Senza un’implementazione rapida e tecnicamente precisa, la legge rischia di restare una cornice incompleta”. Un altro aspetto critico è l’impianto di riferimento: “Il legislatore ha fatto leva sul Corpus Iuris Spatialis, i trattati internazionali degli anni ’60 e ’70. Strumenti che hanno avuto un ruolo storico, ma che oggi appaiono distanti dalla realtà di un settore dominato da nuovi attori privati, modelli di business innovativi e sfide tecnologiche inedite”.

I punti di forza

Tra gli elementi positivi, Romano segnala l’articolo 3, che estende l’applicazione della legge sia alle attività condotte in Italia da operatori di qualsiasi nazionalità, sia a quelle svolte all’estero da operatori italiani: “È un passaggio rilevante, che porta nel nostro ordinamento i concetti di ‘Stato di nazionalità’ e ‘Stato di lancio’, fondamentali nel diritto spaziale internazionale”.

Importante anche l’introduzione di un regime autorizzativo per gli operatori, con l’obbligo di adeguata copertura assicurativa, e il ruolo di vigilanza affidato all’Agenzia Spaziale Italiana. “Il riferimento al golden power – aggiunge – conferma la centralità del nesso tra spazio, sicurezza e difesa nazionale”.

Le sfide aperte

Restano però alcune criticità operative. “Il rinvio al Codice dei contratti pubblici, costruito su norme UE, potrebbe creare difficoltà agli operatori extraeuropei interessati a operare in Italia”, osserva l’avvocata. “Inoltre, il testo utilizza una terminologia spesso vaga, che rischia di alimentare incertezze interpretative. Sarà compito dei decreti chiarire questi punti, per evitare che la legge diventi un ostacolo anziché uno stimolo allo sviluppo”. Per Romano, il bilancio è chiaro: “La legge segna un primo passo fondamentale e riconosce il valore strategico della space economy. Ora la sfida è tradurre i principi in regole chiare, certe e attuali, capaci di attrarre investimenti e sostenere la competitività dell’Italia in un settore che sarà sempre più decisivo nei prossimi decenni”.

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