Telemedicina in Italia: lo stato dell’arte e le prospettive future

La telemedicina in Italia si è affermata negli ultimi anni come uno strumento essenziale per garantire l’accesso alle cure. L’emergenza Covid-19 ha accelerato il processo, rendendo indispensabili servizi come televisite, telemonitoraggio e teleriabilitazione. Tuttavia, la sua diffusione rimane disomogenea tra regioni, evidenziando forti disparità territoriali.

Nel 2020 il Ministero della Salute ha emanato le Linee guida nazionali per l’erogazione di prestazioni di telemedicina, ponendo le basi normative per una gestione uniforme. Le indicazioni prevedono che la telemedicina sia integrata nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ma a oggi l’attuazione è ancora parziale. Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, nel 2023 solo il 34% delle strutture sanitarie pubbliche italiane ha implementato stabilmente servizi di telemedicina.

Le criticità sono molteplici: mancanza di interoperabilità tra i sistemi regionali, carenze infrastrutturali, assenza di formazione adeguata per medici e pazienti. Inoltre, la copertura della banda larga in alcune aree è insufficiente per supportare servizi sanitari digitali avanzati.

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Tecnologia, innovazione e PNRR: le leve del cambiamento

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) destina circa 1 miliardo di euro alla telemedicina, nel quadro della Missione 6 – Salute. L’obiettivo è creare una rete di assistenza domiciliare digitale integrata, soprattutto per anziani e pazienti cronici. Tra le azioni previste, figurano l’adozione di cartelle cliniche elettroniche interoperabili, lo sviluppo della piattaforma nazionale di telemedicina e il rafforzamento della medicina territoriale.

Una spinta decisiva arriva anche dal settore privato. Startup e aziende hi-tech stanno sviluppando soluzioni basate su intelligenza artificiale, IoT e machine learning, in grado di migliorare la diagnostica e il monitoraggio remoto. È il caso della piattaforma italiana Paginemediche, o della collaborazione tra TIM e Dedalus per la digitalizzazione dei flussi clinici.

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In questo scenario, il ruolo delle Regioni è primario. La Lombardia ha attivato il servizio “Telemedicina Lombardia”, l’Emilia-Romagna ha introdotto progetti pilota di telemonitoraggio e il Veneto ha investito in un sistema regionale per le televisite.

Il caso della Sicilia: un laboratorio di innovazione nel Mezzogiorno

La Regione Siciliana ha avviato importanti iniziative per strutturare in modo organico la telemedicina. Con il Decreto Assessoriale n. 820 del 30 agosto 2023, è stato approvato il Modello organizzativo regionale dei servizi di Telemedicina, che definisce le soluzioni tecniche e amministrative per l’attuazione degli interventi finanziati attraverso il PNRR – Missione 6 e il PNC.

Un esempio concreto arriva dal progetto pilota realizzato da CNA Pensionati Sicilia, che ha monitorato circa 250 pazienti fragili in sei mesi, raccogliendo oltre 100.000 dati sanitari nelle province di Catania, Agrigento e Siracusa. Sono stati coinvolti oltre 20 professionisti sanitari, con un approccio multidisciplinare.

Inoltre, la Regione ha co-finanziato con 3 milioni di euro progetti nelle province di Trapani e Agrigento, finalizzati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per il monitoraggio remoto dei pazienti affetti da patologie croniche come diabete e ipertensione.

Nonostante gli sforzi, restano criticità: l’accesso ai servizi di telemedicina è ancora diseguale tra aree urbane e interne. La Regione sta lavorando allo sviluppo di una piattaforma regionale integrata, che favorisca l’assistenza domiciliare e protocolli standardizzati di telemonitoraggio remoto.

Prospettive future: tra etica, inclusione e sostenibilità

Le prospettive future della telemedicina dipendono da evoluzione normativa, sostenibilità economica, accettazione culturale. Sarà cruciale colmare il digital divide, per garantire accesso equo ai servizi, anche nelle fasce più fragili della popolazione.

Uno dei temi centrali è la tutela della privacy. Il trattamento sicuro dei dati sanitari deve rispettare le norme del GDPR. Sono richiesti investimenti in cybersecurity per proteggere l’infrastruttura digitale e garantire tracciabilità, accesso controllato e trasparenza.

Dal punto di vista clinico, la telemedicina deve generare benefici misurabili: migliore aderenza terapeutica, minori ricoveri ospedalieri e incremento della qualità della vita. Ma per consolidare queste evidenze occorre sviluppare metriche condivise e standard valutativi.

Come ha dichiarato Filippo Anelli, presidente FNOMCeO: “La relazione medico-paziente resta insostituibile, ma la tecnologia può renderla più efficace e personalizzata”.

In ambito europeo, l’Italia partecipa attivamente al progetto X-eHealth, che punta alla definizione di standard sanitari digitali interoperabili. Parallelamente, la Commissione europea ha avviato l’European Health Data Space, una piattaforma paneuropea per lo scambio sicuro dei dati sanitari a supporto della ricerca e dell’innovazione.

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