A Ballarò l’innovazione è nelle mani di un sarto che viene dalla Costa d’Avorio

Sulemain Dailo è un ragazzo arrivato in Sicilia dalla Costa d’Avorio. E’ il sarto di Ballarò: nella sua piccola bottega artigianale si respira “innovazione” tra forbici, sagome e pezze di tessuti colorati di ogni foggia. La sua “innovazione” non ha bisogno di algoritmi, non insegue bandi di finanziamento, non ha bisogno di orpelli e tecnicismi. La sua “innovazione” è talento, fantasia e creatività.

“Ho aperto la mia sartoria dopo essere arrivato qui in Sicilia – racconta Suleiman – perchè era quello che avevo imparato a fare nel mio paese, la Costa d’Avorio. All’inizio non avevo i soldi neanche per mangiare e creare questa mia piccola bottega mi sembrava impossibile”.

La storia di Suleiman è la copia in ricalco di tante vite in fuga dalle guerre o dalla carestia: “sono andato via insieme a mia moglie quando è scoppiata la guerra in Costa d’Avorio. La mia bottega era stata distrutta e non era rimasto più niente”.

E’ una lezione per chi si lamenta di come siano pochi, insufficienti o mal gestiti i fondi pubblici, privati, o di quanto complicato possa essere accedere alle provvidenze del venture capital per le start up. A tutti coloro andrebbe letta ogni giorno, a mò di un mantra, la storia di questo coraggioso imprenditore che arriva dal Continente Nero. “A Palermo la vita è sempre stata molto cara. All’inizio mi sembrava quasi impossibile riuscire a realizzare questa sartoria. Ho lavorato come badante, duramente, per più di quattro anni. Mese dopo mese, con grandi sacrifici, siamo riusciti, io e mia moglie, a mettere da parte i soldi necessari per aprire questa bottega”.

All’inizio le cose non andavano bene. Le prime confezioni prodotte da Sulemain erano delle repliche di vestiti e accessori tipici dello stile ivoriano. Il “taglio” del sarto non riscuoteva successo e le vendite non bastavano a coprire i costi. Poi, come sempre accade a chi non demorde, a chi ha veramente un’idea innovativa, arriva la svolta. I colori, le sfumature e i tessuti africani declinati in stile europeo. Giacche, camicie, vestiti e persino una versione “ivoriana” della tradizionale coppola siciliana. Ed è arrivato l’apprezzamento del pubblico che vive e anima quel meraviglioso e contraddittorio quartiere che è Ballarò, vera e propria porta d’ingresso ai segreti della “palermitanitudine”.

La storia non finisce qua. Sulemain Dailo sente di aver contratto un debito con la gente del suo paese. E vorrebbe aiutare chi ancora è in difficoltà. “Io non sono uno stilista di moda e non ho la possibilità di frequentare i corsi professionali – si schernisce – ma so fare un mestiere. Voglio mettere le mie competenze a disposizione di chi si vuole cimentare con i tessuti e i vestiti, per creare una sartoria sociale in grado di far imparare un lavoro a chi vuole”.

“Io ho studiato, posso considerarmi un uomo fortunato – ci racconta, congedandosi – e adesso il mio sogno è creare qualcosa di buono per le ragazze del mio paese che non possono andare a scuola. Sì, la sartoria sociale, la scuola di sartoria, prima o poi la voglio realizzare nel mio paese, in Costa d’Avorio”. Serviranno tantissimi soldi. Per Suleiman, e per i tanti innovatori dal volto umano come lui, non ci saranno bandi, finanziamenti o scorciatoie. Come sempre, ce la farà da solo.

Qun

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