Hacker, Fediverso e attivismo: la “rivoluzione digitale” raccontata da Giuliana Sorci

Chi è davvero un hacker? Comincia con questa domanda, soltanto apparentemente semplice, la nostra conversazione con Giuliana Sorci, attivista e ricercatrice presso l’Università di Siena, che abbiamo ospitato per un nuovo appuntamento di Connessioni Digitali.

Nel suo nuovo saggio “Server Ribelli: R-esistenza digitale e hacktivismo nel Fediverso in Italia“, Sorci ricostruisce una genealogia dell’attivismo digitale, analizzando le trasformazioni che hanno interessato il cyberspazio e la scena hacker negli ultimi trent’anni. L’obiettivo è disegnare una nuova geografia dell’hacktivismo italiano, partendo dalla creazione dei primi hacklab, fino alla nascita dei nuovi collettivi hacker e delle nuove istanze.

Per rispondere alla domanda iniziale, Giuliana propone una definizione mersa durante una sua intervista al collettivo Ippolita, che mette in evidenza l’aspetto più creativo dell’hacking, inteso come “trasposizione del desiderio di ricombinare la realtà tra mille virgolette, eseguire il codice della realtà per fargli fare una cosa diversa”. L’hacker, quindi, è mosso da curiosità e attitudine critica, mette mano agli strumenti per comprenderli e trasformarli. Il suo è un gesto politico, non solo tecnico.

Laboratori di resistenza digitale in Italia

Negli anni Novanta, quando l’accesso ad Internet non è ancora diffuso su larga scala, in Italia nascono gli hacklab: spazi ibridi dentro i centri sociali, luoghi dove si riassemblano computer da componenti dismessi e si fornisce libero accesso alla Rete. Questi spazi rientrano tra quei “laboratori di resistenza digitale“, in cui l’accesso alla tecnologia diventa atto politico. Una forma di innovazione che integra pratiche politiche e tecnologie emergenti, anticipando i temi che oggi animano il dibattito globale: privacy, controllo, proprietà dei dati. L’Italia in quel periodo un punto di riferimento per l’attivismo hacker europeo, in dialogo con esperienze come il Chaos Computer Club tedesco e le reti spagnole.

Social media e social network: differenze cruciali

Nel linguaggio comune, social media e social network vengono spesso confusi, ma Giuliana Sorci ci aiuta a fare chiarezza, anche attraverso una definizione di Ian Bogost. Secondo Bogost, infatti, un social network è la rete social in cui gli individui sono inseriti: attraverso le infrastrutture tecnologiche, ogni utente interagisce e mantiene relazioni con i contatti a lui più vicini. L’aspetto critico entra in gioco quando il social network diventa social media, cioè uno strumento che non è più finalizzato al mantenimento delle relazioni interpersonali, bensì a spettacolarizzazione e “monetizzazione” della vita degli utenti.

Il passaggio da network a media è anche commerciale e strategico: le piattaforme guadagnano dalla permanenza degli utenti e dall’accesso ai loro dati. “Se un servizio è gratuito, il prodotto sei tu“, ricorda Giuliana, citando The Social Dilemma. Con questo modello, privacy e anonimato soccombono in nome dell’engagement.

Il Fediverso, rete alternativa

Il saggio di Sorci dedica ampio spazio al Fediverso, rete di social media decentralizzati e federati. Il termine nasce dalla fusione di “federazione” e “universo”: una costellazione di piattaforme che comunicano tramite il protocollo ActivityPub e permettono la creazione di istanze autonome. A differenza dei social media commerciali, nel Fediverso non ci sono algoritmi, pubblicità né gamification. È una “riforma dal basso”. Ogni utente può costruire la propria comunità secondo valori, interessi o passioni condivise. Tra gli esempi di Fediverso ci sono Mastodon, PeerTube e NextCloud.

Le sfide del futuro digitale

L’ascesa del Fediverso ha attirato l’interesse anche delle big tech. Quando Meta ha lanciato Threads, ha annunciato l’intenzione di integrarlo con il Fediverso. La reazione? Defederazione: molte istanze hanno deciso di escludere Threads, temendo un tentativo di cooptazione commerciale.

Sorci richiama la strategia nota come “Embrace, Extend, Extinguish”, adottata da Microsoft in passato: abbracciare una tecnologia open source, estenderla e poi neutralizzarla. Il Fediverso, per ora, si difende con autoregolazione e indipendenza. In una parola, per citare ancora il suo saggio: r-esiste.