Farm Cultural Park, Florinda Saieva: “Il cambiamento è possibile”

“Farm nasce come un progetto di restituzione, con Andrea eravamo indecisi se vivere a Parigi, dove stavamo in maniera transitoria o a Favara. Abbiamo deciso di tornare a vivere in Sicilia, di fare quello che era nelle nostre possibilità per stare bene in quel territorio”.

Per Florinda Saieva, l’imprenditrice che nel 2010 ha fondato a Favara Farm Cultural Park, il centro culturale indipendente con focus su arte contemporanea e innovazione, non è stata una scelta semplice.

L’idea è nata quasi per caso, insieme al marito Andrea Bartoli, co-fondatore dell’innovativo centro che il prossimo luglio aprirà una nuova sede a Palermo.

“Noi siamo appassionati di arte contemporanea e architettura quindi abbiamo utilizzato queste due discipline per trasformare un pezzo del centro storico di Favara, restituirlo alla comunità sotto un’altra veste”, ci ha raccontato Saieva.

Oltre lo scetticismo: la sfida di Farm Cultural Park

“La sfida principale è stata sicuramente quella di restituire ai cittadini la dimensione della possibilità – ha proseguito – “Quando abbiamo cominciato tutti ci dicevano che è inutile iniziare qualche progetto perché tanto a Favara non si può fare nulla. Le cose non possono cambiare e ogni tentativo sarebbe stato vano. Noi abbiamo smentito questa bugia a cui continuano a credere tante persone e abbiamo dimostrato che le cose si possono fare, le cose possono cambiare, però bisogna agire”.

Il loro obiettivo era dimostrare che il cambiamento è possibile, anche in un contesto in cui prevaleva lo scetticismo: “Gli abitanti di Favara in un primo momento sono stati degli attenti osservatori, volevano capire cosa stessimo facendo. Di fatto, Farm non è un progetto facile da capire, tantomeno da raccontare. Poi però hanno iniziato a percepire gli effetti positivi del progetto e quindi indirettamente hanno iniziato a comprendere il cambiamento del processo e soprattutto sono stati preziosi alleati nello sviluppo di tanti servizi collaterali, che noi non avremmo potuto sviluppare”.

Uno degli aspetti più innovativi di Farm Cultural Park è stata la sua capacità di andare oltre la semplice riqualificazione fisica del territorio: “La rigenerazione ci spiega Saieva ha un suo perché, ha un suo valore se accompagnata da un processo, se è considerato un processo virtuoso. Spesso la rigenerazione viene scambiata per riqualificazione o ristrutturazione. La rigenerazione a base culturale è, invece, uno strumento fondamentale per accompagnare le comunità nella crescita sociale, culturale e anche economica, perché spesso questi fenomeni di rigenerazione, se fatti bene, si accompagnano a piccoli fenomeni di crescita economica, che consentono anche alle persone di rimanere nei piccoli territori”.

Un modello di rigenerazione pronto a ispirare il mondo

Il successo del Farm Cultural Park non è passato inosservato. Il progetto sta infatti attirando l’attenzione anche delle istituzioni pubbliche: “Il 2024-2025 è stato per noi un anno di sorprese, perché fin dall’inizio del 2024 abbiamo firmato un accordo con la Prefettura, questa volta con il Demanio, quindi le istituzioni pubbliche stanno iniziando ad accorgersi di noi. Su Palermo abbiamo in affitto uno spazio che è stato messo a disposizione dal Demanio con un bando pubblico per cinque anni e lì vogliamo mettere insieme la nostra esperienza e la nostra ricerca sulle città e quindi fare un ‘Museo della città e del mondo’.

L’obiettivo è quello di “raccontare delle buone pratiche, delle comunità e anche dei progetti interessanti, che possono essere d’ispirazione per le nostre comunità che in questo momento insistono in diverse città del mondo. Ci piacerebbe che Farm fosse raggiunto in diverse parti del mondo, anche all’estero, non solo in Italia e che Farm fosse un luogo non soltanto fisico, ma di sperimentazione, cioè che tutti i processi messi in atto possano in qualche modo essere studiati, sistematizzati e poi riattuati anche in altri luoghi”.

L’idea per il futuro è quella di trasformare questa esperienza in un modello replicabile in altre città, sia in Italia che all’estero. È solo rischiando e muovendo i primi passi che si può imparare e crescere: “Il consiglio è quello di fare, fare, fare, senza aspettare, senza farsi scoraggiare, senza farsi demolire“.

E poi conclude: “Quando i bambini cadono e imparano a camminare, la prima cosa che fanno è rischiare, facendo un passo dopo l’altro. Però, se non iniziano quel processo non imparerebbero mai a camminare. Quindi per fare le cose bisogna rischiare, bisogna fare i primi passi e soprattutto non farsi scoraggiare”.

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