L’innovazione che fa acqua per la Sicilia nella morsa della siccità

La Sicilia ha sete. Il governo regionale ha chiesto lo stato di emergenza nazionale per la crisi idrica. Una decisione presa in conseguenza al lungo periodo di siccità e alla rilevante riduzione delle riserve di acqua in tutta la Sicilia. Adesso la parola spetta al Consiglio dei ministri, per approvare un provvedimento che ha per scopo garantire acqua potabile ai cittadini e l’approvvigionamento idrico ai settori agricolo e zootecnico, oltre che alle imprese impegnate nei cantieri nell’Isola.

La relazione della Protezione Civile

Una relazione della Protezione civile regionale indica interventi a breve e a medio termine per mitigare la crisi che prevedono, prima di tutto, la riduzione dei consumi delle utenze idropotabili, interventi sugli invasi, interventi per reperire risorse alternative (come dissalatori mobili e navi con moduli dissalativi) e l’ammodernamento degli impianti di dissalazione nei siti dismessi. Il costo delle azioni a breve termine è di 130 milioni di euro, mentre di quelle a medio termine è di 590 milioni di euro. 

L’innovazione per contrastare la penuria di risorse idriche

L’innovazione e le nuove tecnologie potrebbero essere d’ausilio? Un esempio di quanto in Italia le innovazioni a volte siano difficili ad attecchire viene dal settore della desalinizzazione delle acque marine e salmastre. In dieci anni, infatti, si sono fatti passi da gigante nel settore grazie ad alcune innovazioni chiave che hanno modificato un processo che prima era ben poco sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale. Tra questi la creazione di membrane più efficienti grazie all’utilizzo di nanotecnologie che garantiscono una maggiore resistenza all’incontrastazione e una riduzione dei costi di manutenzione. Ma anche l’integrazione di fonti di energia rinnovabile come energia solare e energia eolica nei processi di desalinizzazione ha contribuito a ridurre l’impatto ambientale e i costi energetici (che pesano per il 60% del processo) associati alla produzione di acqua dolce. Un approccio che dovrebbe essere considerato anche in Sicilia, isola (in mezzo all’acqua di mare) ricca di energia prodotta da risorse rinnovabili. Infine la tecnologia dell’osmosi inversa potenziata che con materiali membranari avanzati e processi migliorati aumentano l’efficienza complessiva della produzione. Oggi, alle soglie di una crisi idrica le cui conseguenze sono quelle del razionamento come avviene già in alcune parti della Sicilia, in tanti lì vedono come una soluzione. Ma ancora una volta l’Italia è indietro per alcune scelte che (non) sono state fatte nel passato. E in Sicilia non resta altro che chiedere lo stato di emergenza allo Stato nazionale. Con relativo pacchetto di fondi inclusi.

Pochi impianti in Italia, molti chiusi. Bene le isole minori siciliane

Se andiamo a guardare i numeri nei giorno in cui il governo regionale chiede lo stato di emergenza nazionale per la siccità e la crisi idrica in Sicilia, vediamo come i dissalatori in Italia sono ben poco diffusi: una quarantina in tutta Italia molti dei quali fermi con una produzione media di 2 mila metri cubi d’acqua al giorno. In Europa esistono circa 2400 impianti ma oltre il 60% è concentrato in Spagna. Nessun impianto per uso agricolo in Italia, nonostante il settore sia uno dei più “assetati”. Tra gli impianti in Italia più moderni ci sono quelli realizzati in Ati da Acciona a seguito di una gara del 2014 a Pantelleria, Lampedusa e Linosa. Attualmente forniscono circa 10 mila metri cubi di acqua al giorno per una popolazione vicina ai 60 mila abitanti. Oggi i due impianti garantiscono alle due isole una fornitura che viene pagata circa 1,5 euro al metro cubo, contro i 14-16 euro al metro cubo necessari quando era in vigore il vecchio sistema del trasporto dell’acqua via nave. 

Investimenti in ritardo, serve approccio sistemico

Acciona è anche “sbarcata” sull’Isola maggiore avendo vinto la gara del Pnrr per il potabilizzatore della fonte di Presidiana a Cefalù capace di 400 litri al secondo. Potrebbe essere questa la strada del futuro? “Per gli usi civili potrebbe rappresentare una scelta obbligata”, spiega Dario Cartabellotta, commissario per l’emergenza idrica ma anche dirigente generale dell’assessorato all’agricoltura a margine di un incontro che si è svolto nell’Aula Capitò della facoltà di Ingegneria a Palermo “mentre per l’agricoltura vanno valutati i costi”. “Serve uscire fuori dall’approccio emergenziale per un approccio maggiormente sistemico”,  ha spiegato a margine dei lavori un responsabile di Acciona, “un esempio può essere quanto realizzato nelle isole minori, dove siamo partiti da situazioni impiantistiche superate ed oggi eroghiamo un servizio continuo a costi contenuti. Ma al momento la catena produttiva è satura e già impegnata dai paesi del medio-oriente e del Nord Europa. Servono circa 9 mesi per avere delle nuove membrane, ad esempio”. In Sicilia ci sono tre dissalatori in disuso: sono quelli di Porto Empedocle, Paceco-Trapani e Gela. Hanno tecnologie superate e non sono manutenuti da tempo. Probabilmente sarebbe più economico ricostruirli ex novo e sostituirli con nuovi impianti inseriti in un contesto sistemico che calcoli anche gli invasi. La Regione nella sua domanda di stato di emergenza ha chiesto 130 milioni per le opere più immediate e calcola che siano necessari altri 500 milioni per una programmazione medio termine. Ma intanto l’estate è alle porte con il rischio di restare a secco nel pieno della stagione turistica. 

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