Mai più schiavi dell’algoritmo, la UE da ragione ai rider (anche a quelli siciliani)

Anche i 5000 rider siciliani, di cui 2000 soltanto a Palermo,  possono tirare un sospiro di sollievo. Per una volta l’Europa si è ricordata di loro. I rider non saranno più schiavi dell’algoritmo. Il Consiglio europeo per l’occupazione, la politica sociale, la salute e i consumatori (a cui partecipano i ministri competenti dei 27 Stati membri) ha approvato in via definitiva la direttiva sul miglioramento delle condizioni di lavoro tramite piattaforme digitali su cui si lavorava da oltre due anni.

 L’accordo, raggiunto tra la presidenza del Consiglio e i negoziatori del Parlamento europeo, riguarda la direttiva sul lavoro delle piattaforme. Si tratta di una pietra miliare nell’ambito della legislazione dell’UE, poiché mira a regolare l’uso degli algoritmi e a migliorare le condizioni di lavoro per i milioni di rider che operano in tutta Europa.

L’esecutivo sottolinea come il testo approvato  lasci la libertà, a livello nazionale, di declinare i princìpi della direttiva nel nostro sistema, mantenendo le giuste  tutele per i lavoratori indipendentemente dal loro status, senza penalizzare le imprese.  I prossimi mesi saranno, insomma, quelli che impegneranno tutti gli attori coinvolti nel trasformare una “buona” decisione europea in leggi e norme concrete valide ed eque, nella vita concreta, per lavoratori e imprese del nostro Paese.

 Trasparenza nell’uso degli algoritmi

Uno dei principali punti dell’accordo è la trasparenza nell’uso degli algoritmi nella gestione delle risorse umane. Questo significa che i sistemi automatizzati saranno monitorati da personale qualificato, e i lavoratori avranno il diritto di contestare le decisioni automatizzate. Inoltre, verrà garantita una corretta determinazione dello status occupazionale dei rider, consentendo loro di beneficiare dei diritti lavorativi a cui hanno diritto.

Una vittoria per i rider

E’ una vittoria significativa per i rider. Spesso, infatti, i ciclofattorini si trovano a lottare contro il falso lavoro autonomo e la mancanza di tutela sul posto di lavoro. Con questa nuova legislazione, si prevede che i rider possano godere di maggiori protezioni e di una maggiore sicurezza sul lavoro.  Attraverso gli algoritmi, le piattaforme di lavoro digitali organizzano le attività dei rider, in misura minore o maggiore a seconda del loro modello di business, l’esecuzione del lavoro, la sua retribuzione e il rapporto tra i clienti e le persone che svolgono il lavoro.

Basta con il falso lavoro autonomo

Intanto il vice primo ministro belga e ministro dell’Economia e dell’Occupazione, Pierre-Yves Dermagne, ha sottolineato l’importanza di affrontare il problema del falso lavoro autonomo nel settore delle piattaforme digitali. L’accordo raggiunto rappresenta un equilibrio tra il rispetto dei sistemi nazionali del lavoro e la garanzia di standard minimi di protezione per i rider in tutta l’UE.

Piattaforme digitali, arriva un nuovo regolamento

La direttiva sul lavoro delle piattaforme è la prima legislazione dell’UE a regolare la gestione algoritmica sul luogo di lavoro e a stabilire standard minimi per migliorare le condizioni di lavoro dei rider in tutta Europa. Si prevede che l’accordo sarà formalmente adottato e che gli Stati membri avranno due anni per incorporare le disposizioni della direttiva nella loro legislazione nazionale. In conclusione, questo accordo rappresenta un importante passo avanti nella lotta per migliorare le condizioni di lavoro dei rider e garantire loro una maggiore sicurezza e tutela sul posto di lavoro.

Il lavoro dei rider, “quasi uno sfruttamento”

 Spesse volte queste attività hanno i tratti dello sfruttamento,  reso solo sulla carta legalizzato ma non nella sostanza. Per arrivare ad uno stipendio accettabile non ci si dovrebbe fermare mai. Come dimostra la storia del record man di consegne, il palermitano Francesco Ruffino, che ha fatto 25 mila consegne in tre anni: “Levando tutte le spese tecniche, contributi, tasse, benzina e manutenzione arrivo intorno a 1.500 euro al mese di guadagno. Ma ci tengo a specificare che arrivo a questa cifra lavorando 30 giorni al mese, senza mai avere un giorno di riposo”.