Neurosphere, innovazione e inclusività nel social dedicato alle persone neurodivergenti

Creare connessioni tra persone neurodivergenti nel mondo reale e digitale, con sicurezza e facilità: è l’obiettivo di Neurosphere, un social media creato ad hoc, che permetta di avere informazioni, trovare spazi sicuri e confortevoli, attraverso la consultazione di varie piattaforme (dall’app al sito web), in cui avere a disposizione tutti i servizi di mappatura.

Neurosphere, candidato al Premio Innovazione Sicilia 2024, si posiziona nel dominio del “phygital”, in quanto prodotto digitale e anche spazio reale, che mette in luce il valore dell’inclusività e del fare rete, attraverso comunità condivise.

Ne abbiamo parlato con Eleonora Varriale, 24 anni, CEO della startup Neurosphere. Il progetto ha avuto origine da AWE (Academy for Women Entrereneurs), una academy al femminile promossa dal Dipartimento di Stato Americano per supportare donne e ragazze nella creazione e/o nello sviluppo di realtà imprenditoriali, di cui è stata partner l’Università Federico II di Napoli.

“Le persone neurodivergenti – ci spiega Eleonora – vedono il mondo in maniera differente, di solito rientrano nello spettro dell’ADHD o dell’autismo”. Così nasce l’idea di creare un social media per conoscersi, creare relazioni che possano essere portate nella vita reale, rendendo i luoghi realmente più accessibili. Lo spettro della neurodivergenza è molto ampio e va da chi soffre di attacchi di panico, fino all’autismo, con alcune difficoltà in comune, ad esempio nell’affrontare gli studi o nel relazionarsi con gli altri.

Neurosphere pone l’accento sull’importanza dell’innovazione per la creazione di un mondo più inclusivo: “La maggior parte delle persone del nostro team sono neurodivergenti – ci dice Eleonora – quindi conoscono bene le difficoltà. Chi è più sensibile all’ambiente e agli stimoli come luci e suoni, può avere difficoltà a recarsi nei locali”.

Il social sarà non solo uno spazio sicuro e di autoaiuto nel digitale, ma anche fuori, attraverso un servizio di mapping che includerà luoghi ricreativi inclusivi, aule-studio, centri riabilitativi o studi di psicoterapia: “Vogliamo creare una community di autoaiuto, per integrarsi meglio. Il sogno che abbiamo nel cassetto è aiutare i locali a rendersi più accessibili”, conclude Eleonora. Immagine di freepik.

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