Progetti

Dal PETG alla stampa 3D: la ‘rivoluzione’ sostenibile di Giovanni Mogavero

Realizzare oggetti unici e personalizzati con stampanti 3d, a partire da materiali di scarto. È questo l’obiettivo del progetto presentato da Giovanni Mogavero, appassionato di stampa 3d, nel corso della prima edizione del Premio Innovazione Sicilia.

Il candidato ci ha raccontato il suo innovativo progetto, finanziato da Resto al Sud e in fase di avvio, che prevede la creazioni di nuovi oggetti dai rifiuti plastici, attraverso stampanti 3d di vario tipo (resina, filamento, ceramica), taglio laser, termoformatura a caldo, CNC e plotter da muro.

“Io sono Giovanni Mogavero e da un po’ di anni mi occupo, per hobby, di stampa 3D e tutto quello che riguarda il mondo della creazione di modelli tridimensionali al computer e successivamente la stampa”. Il progetto, che rientra nell’ambito della Strategia S3 “Ambiente, risorse naturali e sviluppo sostenibile”, prevede l’utilizzo di “stampanti 3D di vario genere, taglio laser, termo formatura a caldo per altri diciamo settori, insieme a una sorta di robot da pavimento, che incide e taglia legno, plexiglass e alluminio e dei plotter da muro per disegnare le pareti. Robottini che camminano lungo il muro e che fanno dei disegni sempre comandati da smartphone. Utilizzando queste tecnologie si potranno trattare tantissimi materiali, materiali plastici, resine e con questi potrò fare dei mix di oggetti personalizzati”.

Uno dei punti cardine dell’attività di Mogavero è il riciclo. Utilizzando queste macchine saranno creati oggetti di uso comune con materie prime derivanti dai rifiuti, come le bottiglie in PETG, così da dare vita a dei filamenti per le stampanti 3D e saranno strette collaborazioni con altre aziende che producono questo genere di bottiglie.

Molti oggetti che usiamo nella nostra vita quotidiana sono usa e getta. Basti pensare ai dispenser di sapone per le mani, che secondo Mogavero non dovranno essere più gettati via perché inglobati in “cover” realizzate ad hoc per rivestirle. “Ho immaginato una sorta di cover che si adatta più o meno a tutti i dosatori di formato standard – ci ha raccontato Mogavero – in modo da ricoprirlo e dare un’apparenza estetica diversa, in modo da incentivare le persone alla ricarica dell’oggetto ed evitare spreco di plastica”.

Con le bottiglie di shampoo usate generalmente nei saloni di parruccheria, insieme alle lacche o prodotti in contenitori di alluminio e plastica rigida, potranno essere creati, in un’ottica di economia circolare, oggetti d’arredamento come tavolini e sedie per bambini, utilizzando in modo combinato la CNC, la stampa 3d e il taglio laser.

“Ho immaginato un concetto di fabbrica diffusa – spiega ancora Mogavero – dove i collaboratori esterni potranno utilizzare la sede per poter lavorare con noi senza particolari vincoli. Potranno venire in maniera occasionale a studiare le varie macchine. Una volta che ne hanno capito più o meno il funzionamento, potrebbero scegliere di continuare a collaborare con noi, portandoci del lavoro e lavorando in sede in maniera occasionale” o volere una stampante 3d a casa gratuitamente, diventando loro stessi i produttori.

“L’idea è quella di replicare quanto accadeva negli anni ’50 quando si lavorava in fabbrica, si prendeva ciò che veniva prodotto e lo si portava a casa dentro uno scatolo e si continuava il lavoro a casa. Io ho rispolverato quel concetto adattandolo all’era moderna. In più se la persona sceglie di intraprendere questa collaborazione con noi, se vorrà fare un salto in avanti, potrà farlo, portando a casa una macchina gratuitamente o essere libera di lanciare la stampa a distanza”.  

“Attualmente io faccio solo l’1% di quello che è il potenziale. Lo faccio senza pubblicità, senza attrezzature di quel livello. Già da sei anni in maniera del tutto hobbistica mi sono reso conto che, però, è una strada praticabile. Poi a livello teorico e anche pratico mi sono reso conto che in Sicilia e in Italia, non è un concetto diffuso, perché gran parte dei prodotti vengono importati prevalentemente dalla Cina. Io ho immaginato un concetto di sostituzione dell’importazione da parte della Cina, ovviamente in piccolo, ma spero che questo possa far cambiare anche le modalità di acquisto, in modo che siano basate più sulla qualità che sulla massa. Non devi per forza comprare 1000 pezzi. Ne puoi prendere anche uno solo. Invece, normalmente quando tu fai un ordine dalla Cina, ti arriva una quantità maggiore anche se tutti quei prodotti non ti servono e spesso e volentieri fai magazzino per avere un prezzo più basso. Lo dico perché io conosco questo settore e so il margine di guadagno che potrebbe derivare dalla realizzazione dell’oggetto alla vendita e so che spesso la gente acquista materiale senza un motivo reale, se non per evitare i tre mesi di attesa per ricevere il prodotto”.

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Romina Ferrante