Rimanere o lasciare? L’eterno dilemma e le 5 regole per uscire dall’impasse

I miei studenti sono combattuti. Vivono un dilemma doloroso, in pieno stile Brexit: finiti gli studi, dovrebbero lasciare o piuttosto rimanere in Sicilia? Durante le riprese dell’ultimo episodio della serie “Entrevator” si è visto quanto il loro dilemma sia intricato e profondo. L’episodio racconta la storia imprenditoriale di Giuseppe Biundo, un imprenditore siciliano molto creativo. Giuseppe ha rimescolato la trama iniziando con l’aprire il vaso di Pandora dei sogni dei miei studenti. Essi hanno colto la sua provocazione con una certa dose di candore.

Fare la differenza

Un’ondata di affermazioni contraddittorie e di aspirazioni romantiche ha inondato la conversazione, ma con una nota di sottofondo sempre presente. Non importa quale sia il sogno, tutti comunque risentono dei termini dolorosi del dilemma. Alcuni studenti desiderano abbandonare la propria città natale perché ritengono che partire sia il modo più efficace per contribuire al suo miglioramento. Votano “lasciare”, ma la loro motivazione per andarsene è “rimanere”.

Altri, che sono attivamente impegnati nella vita locale, riconoscono le numerose difficoltà che devono affrontare e la distanza con le regioni più prospere. Si sentono impegnati a combattere l’arretratezza rimanendo, ma con risentimento per il prezzo elevato che ritengono di pagare.

Il voto è “rimanere“, ma nel loro cuore c’è “lasciare“. Nemmeno gli studenti con sogni meno risoluti scampano alle spire del dilemma. Esprimono il loro disappunto per le insoddisfacenti condizioni economiche e sociali dell’ambiente in cui vivono, danno la colpa alla politica e alle norme sociali locali, ma sono indecisi sulla direzione che dovrebbe prendere la loro vita professionale. Si astengono mentre il dilemma incombe.

Con invidiabile e giovanile ingenuità, ciascuno di loro sottolinea il desiderio – direi l’obbligo morale – di fare la differenza. Non riescono a concepire diversamente la propria vita professionale.

Nessuna scelta è facile quando la linea d’ombra della giovinezza si avvicina. Strappare i petali della margherita non aiuta. Affidarsi all’esperienza degli altri è qualcosa ma offre, nella migliore delle ipotesi, soluzioni incomplete. Appoggiarsi alla propria cerchia di amici e familiari è confortante, ma potrebbe comportare l’imposizione di valori eteronomi su una scelta personale. Ci devono essere delle strategie migliori per superare il dilemma. Forse esiste una soluzione. Non eliminerà il dilemma ma permette una via d’uscita, in due tempi. Prima capirne l’origine e poi suggerire cinque regole che lo trasformino in una scelta razionale e quindi risolvibile.

In generale, i miei studenti soffrono di una malattia culturale comune alla maggior parte dei siciliani. La malattia combina, con gradi diversi di intensità, l‘”isolismo” (se mi è consentito il neologismo) e la “sindrome di Colapesce“. L’isolismo è il sentirsi speciali, la sindrome di Colapesce il sentirsi indispensabili.

Isolismo e Colapesce

È forse un carattere delle persone che vivono in un’isola percepirsi come diversi dagli altri, per molti aspetti unici. Ancora di più se la tua isola è dotata di un’ampia e variegata quantità di fortune. È la più grande del Mediterraneo e sta nella posizione geografica più favorevole, al suo centro. È avvolta nei miti, è ricca di storia e di arte, è bagnata dal calore del sole e generosa di frutti carnosi e dolci. Inoltre, la cultura letteraria locale, che è famosa in tutto il mondo, ha sempre sottolineato il tema dell’unicità, sul quale ha costruito la sua fortuna, lasciando un segno indelebile nell’identità indigena.

I siciliani probabilmente potrebbero anche smontare il mito dell’unicità se non fosse per la sindrome di Colapesce. La storia racconta che Colapesce fu un giovane siciliano innamorato del mare, tanto da essere trasformato in un pesce. Esplorando l’abisso scoprì che la Sicilia poggia su tre pilastri di cui uno irrimediabilmente distrutto e un altro disperatamente bisognoso di restauro. Preoccupati per le drammatiche conseguenze della scoperta di Colapesce, i miei studenti sono convinti che si debba fare qualcosa per evitare il crollo del secondo pilastro.

Il punto è che la malattia culturale tiene tanto saldamente in pugno i loro vividi intelletti, che i miei studenti hanno dimenticato l’economia e il suo principale insegnamento: come fare le scelte. Per rispolverare le loro conoscenze, riporto alla loro attenzione cinque regole derivate da altrettanti concetti di economia. Se utilizzate nel processo decisionale, le cinque regole trasformano il dilemma in un problema razionale al quale può essere data soluzione.

Cinque regole

Regola 1. “La curva di domanda è inclinata negativamente”. La “madre di tutte le regole” della scienza economica che non si dovrebbe mai dimenticare è che la curva di domanda è inclinata negativamente, dall’isola più remota dell’arcipelago delle Kerguelen al centro di Manhattan. La pendenza negativa riflette la relazione tra scarsità e disponibilità a pagare. Se il prezzo di lavorare in un ambiente economico e sociale difficile (rimanere) è troppo alto, conviene passare ad alternative più economiche (lasciare). Introducendo l’incommensurabilità, la sindrome di Colapesce agisce proprio contro la madre di tutte le regole dell’economia. Un’ottima ragione per eliminare la sindrome e applicare il meccanismo decisionale dell’economia. al fine di evitare errori o rimpianti.

Regola 2. “Misurare il costo opportunità con precisione”. La corretta operatività della Regola 1 richiede una misurazione accurata del costo opportunità, vale a dire il costo della migliore alternativa rilevante cui si rinuncia. La definizione accurata delle alternative è quindi essenziale. Nelle circostanze della vita è improbabile che le alternative si presentino in una forma semplice tipo rimanere o lasciare. Il primo passo di una corretta applicazione della Regola 1 è identificare correttamente le caratteristiche delle alternative. Per esempio, andare dove? Per quanto? Per fare cosa? E così via. Allo stesso modo per rimanere. Una volta definite correttamente le alternative, l’economia insegna che bisogna applicare la funzione di utilità assicurandosi di includere tutte le variabili rilevanti, materiali e immateriali. Sebbene l’esercizio non sia indolore né esente da errori, fonda la scelta su basi razionali che aiutano a confermare le proprie motivazioni personali nei momenti di difficoltà.

Regola 3. “Riconoscere che il capitale umano attraversa i confini”. La terza regola deriva dallo studio del mercato competitivo. I miei studenti sono laureati in un’università europea. Uno dei risultati più importanti dell’Unione Europea è la libera mobilità del lavoro in tutti i paesi membri. Indipendentemente da come percepiscano se stessi, i miei studenti non sono membri di una comunità locale ma cittadini di un progetto europeo molto più ampio e affascinante. Attenzione però: i diritti hanno dei costi. In particolare, la concorrenza riduce il potere di mercato. Di conseguenza, bisogna lavorare duro per competere con il capitale umano che proviene da altre regioni e da altre università. Lavorare sodo è l’unico modo per recuperare un po’ di potere di mercato e imporre un premio nella vendita della propria conoscenza. Ciò significa estrarre senza sosta tutto il succo che gli studi possono offrire. Inoltre, i miei studenti non dovrebbero dimenticare che non sono secondi ad alcuno dei laureati delle altre università e che, se avessero bisogno di ulteriori competenze per raggiungere il livello richiesto dallo standard professionale che devono raggiungere, hanno le basi per costruirle.

Regola 4. “Pensare globalmente”. Il risultato più contro-intuitivo dell’economia è la legge del vantaggio comparato secondo cui potresti essere in una posizione più favorevole nel produrre qualcosa anche se non sei il più bravo nel farlo. Aumentando la diversità e le opportunità di scambio, la globalizzazione fa salire alle stelle la possibilità di trovare il proprio vantaggio comparato. Non lasciate che questa circostanza non venga sfruttata e lavorate duro per trarre vantaggio dalla globalizzazione. Ancora, non lasciatevi ingannare dalla banalità degli esempi che nei libri di testo spiegano la legge del vantaggio comparato perché hanno solo scopo illustrativo. Il vantaggio comparato è una vera forza di cambiamento che deriva dalla specializzazione e dalla maggiore produttività resa possibile dal continuo apprendimento attraverso la pratica. Quindi, pensate alle vostre capacità e a ciò che gli altri offrono nel mercato. Prendete una delle vostre abilità. Studiate attentamente il valore che potrebbe realizzare sul mercato. Se non è molto, il suo sfruttamento è un percorso costoso verso il successo personale. Quindi, data la legge della domanda, esplorate un’altra abilità e così via. Siate certi che nello sconfinato insieme di opportunità messo a disposizione dalla globalizzazione c’è una possibilità per tutti, se adeguatamente determinati a realizzarla.

Regola 5. “Utilizzare una moralità basata sulla fiducia generalizzata”. L’ultima regola deriva dalla comprensione del problema del coordinamento studiato dall’economia. La prosperità dipende dall’applicazione di norme di buona condotta. Prendiamo una semplice buona condotta come mantenere la parola data. Possiamo applicare questa condotta a qualsiasi individuo con cui abbiamo a che fare nella nostra vita sociale o semplicemente a chi sentiamo vicino, ad esempio la nostra famiglia o la nostra etnia. Nel primo caso usiamo una moralità generalizzata, altrimenti una moralità ristretta. Le società arretrate sono caratterizzate dall’uso di moralità ristrette. Di conseguenza, molte opportunità di crescita si perdono perché non c’è fiducia generalizzata nei confronti del prossimo. Qualsiasi sia la vostra scelta, ispirate la vostra condotta ai più alti standard di moralità generalizzata. Ciò può essere costoso, ma è necessario. Infatti, se votaste “lasciare”, una moralità ristretta non gioverà al vostro successo personale. Se votaste “rimanere”, una moralità ristretta replicherebbe l’arretratezza e vanificherebbe il vostro desiderio di fare del bene alla Sicilia.

Mi rendo conto che a molti lettori e, ahimè, anche ad alcuni dei miei studenti, le regole decisionali che ho delineato appaiano spietate, focalizzate solo sull’interesse individuale. L’isolismo e la sindrome di Colapesce sono ostacoli formidabili al cambiamento. Eppure, la storia e un briciolo di fiducia nel funzionamento dell’ordine spontaneo predicato dalla scienza economica mostrano che l’arretratezza possa essere contrastata indipendentemente da ciò che ciascuno di voi voterà, “lasciare” o “rimanere”. Per il semplice motivo che la storia è sorprendentemente imprevedibile e che, nel tempo, le vostre scelte cambieranno i termini dello scambio anche in Sicilia e nonostante l’isolismo o la sindrome di Colapesce.

Quindi, perseguite la vostra vita a modo vostro e buona fortuna!

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