AzollaLab, in Sicilia un progetto in permacultura che punta alla rigenerazione delle acque e del suolo

Tra i progetti presentati nel corso della prima edizione del Premio Innovazione Sicilia c’è anche “AzollaLab” un progetto innovativo, che rientra nell’ambito della Strategia regionale S3 “Ambiente, risorse naturali e sviluppo sostenibile”.

AzollaLab da qualche anno promuove percorsi sensoriali e metodici con l’obiettivo di sviluppare una nuova coscienza, tramite conoscenze antiche, tecnologiche, attuali e sensibili alla natura di ogni essere.

In particolare, il progetto è stato realizzato in prossimità del fiume San Leonardo nella baia di Catania a circa 15 km dal centro storico, sul mare, in territorio siracusano, al margine tra le due province, in un’area di transito e nidificazione di avifauna proveniente e diretta in Africa, Balcani e Nord Europa.

Il progetto basato sui principi della “Permacultura”, un metodo di progettazione di insediamenti umani sostenibili, ha come obiettivo la rigenerazione di un terreno abusato da incendi, incuria e pieno di rifiuti. Attivo da quattro anni, questo processo ha già portato all’avvio di un sistema agroforestale in due dei tre lotti contigui, una food forest produttiva, restitutiva e vivibile e al momento si sostiene esclusivamente attraverso il supporto dei volontari e di piccole donazioni.

In quest’area si producono ad oggi diversi tipi di compost, biofertilizzanti, prodotti di cosmetica naturale e integratori, si coltivano piante acquatiche (da qui il nome legato all’Azolla Caroliniana Willd) ed edibili.

Ne abbiamo parlato insieme alla promotrice del progetto Cinzia Scordia, che ripercorrendo la sua storia personale ci ha spiegato nel dettaglio l’idea: “Il progetto che sto portando avanti si chiama AzollaLab ed è un progetto in permacultura e di rigenerazione del suolo e delle acque. Io provengo da una carriera in arti performative, durata circa 35-36 anni e terminata con un incidente abbastanza grave. Questo mi ha portato a prendermi cura di alcuni appezzamenti di terreno e l’ho fatto attraverso la permacultura, un sistema di design che integra pratiche, tecnologie, scienze. È veramente olistico e si occupa di realizzare degli ecosistemi circolari dove l’essere umano è integrato e non centralizzato“.

“Il progetto è stato realizzato in una zona umida di Catania, un ex pantano che è stato violentato durante la bonifica dell’agro pontino negli anni 50-60 e adesso è in fase di desertificazione. Quando io ho iniziato era una vera e propria discarica. Essendo una zona umida ha delle pozze dentro le quali è iniziato questo processo di fitodepurazione, un processo circolare, virtuoso che produce fertilità di suolo, ammendanti, fertilizzanti e pulisce l’acqua. È un sistema anti zanzare ed è facilmente replicabile”.

“L’innovazione sta nell’empowerment della comunità. Ci devono essere queste formule in questo mondo oggigiorno. Parliamo di nuova economia e in questo senso sembra che stia parlando un po’ di tutto e di niente, ma in realtà io ho messo in atto un vero sistema, visitabile dove è possibile vedere i piccoli sistemi che ci permettono di avere la nostra acqua. Non abbiamo l’acqua consorziale, ma utilizziamo l’acqua che abbiamo lì, l’acqua di queste pozze che erano discariche e che sono diventate delle pozze tendenzialmente ‘potabilizzabili'”.

“Neanche io ci credevo a dir la verità, non provenendo da un percorso di biologia o microbiologia, non era il mio ambito, quindi è stato un po’ difficile, però studiando e sperimentando sono riuscita in qualche modo. La visione del progetto è quella di avere acqua pulita un po’ dappertutto e non avere necessariamente bisogno di enti o di chissà quale azienda per disporre di acqua pulita. La missione è farlo con modelli replicabili e semplici. L’obiettivo è la rigenerazione del suolo, nel caso del mio progetto, attraverso questa rigenerazione dell’acqua“.

“La sostenibilità è evidente perché sono sistemi replicabili, semplici, che si possono realizzare anche con materiale di riuso quindi praticamente possono essere anche a costo zero, a parte le piante che vanno comprate. Si utilizzano le piante e i microrganismi effettivi e sono delle replicazioni della microbiologia sana di quel luogo, che aiutano nella successione del luogo stesso, sia a livello del suolo, sia a livello dell’acqua, perché tendenzialmente qualunque sistema tenderebbe a rigenerarsi in natura”.  

“Noi continuiamo a buttare tutto in natura perché sotto sotto pensiamo che tanto poi ci penserà la natura e questo è un grande problema. La realizzabilità rispetto a questi piccoli sistemi è semplicissima. In questo momento c’è l’attenzione anche dell’Università di Palermo, della facoltà di microbiologia, proprio per le pratiche messe in atto con un progetto che si chiama “Life Desert Adapt”. È un progetto europeo dei paesi del Mediterraneo, quindi Grecia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro e Italia. I replicatori, AzollaLab è un replicatore del progetto, mettono in atto delle pratiche anti desertificazione e di rigenerazione del suolo. E loro hanno anche riconosciuto questo utilizzo dei microrganismi che ha accelerato tantissimo la rigenerazione di quella pozza, la principale quella che era una discarica di zona e che nell’arco di un anno è diventata potabilizzabile”.

“Il risultato è stato interessante un po’ utile, anche se chiaramente va studiato. Per la realizzabilità siamo ancora a metà strada. Sicuramente qualunque sostegno economico accelererebbe una serie di operazioni che sono previste, come la regimentazione delle acque che è un’operazione di movimenti terra quasi di ingegneria ambientale che fa sì che gli eccessi nel caso in cui ha piovuto tantissimo come due anni fa dopo l’uragano che ha allagato tutto, ci sia la possibilità per il pantano di risalire in punti dove non crea danno, anzi rigenera la zona e crea dei laghetti naturali dove la fauna in transito dall’Africa e dai Balcani possa riposare come era una volta ecco. Quindi con questa attenzione diciamo verso l’ambiente massima chiaramente un progetto un’ecologia grande così”.

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