Progetti 2023

Energia da biomasse di scarto, Biochar Sicilia un’opportunità unica per la filiera agricola

Tra i progetti presentati nell’ambito del Premio Innovazione Sicilia c’è anche Biochar Sicilia, un progetto che propone attività nell’ambito dell’“economia circolare”, dei “metodi colturali a basso impatto idrico” e della “riduzione dell’impronta di carbonio” delle aziende agricole. I principali obiettivi del progetto sono: il miglioramento delle caratteristiche dei suoli ed incremento della loro produttività; la riduzione del fabbisogno idrico delle colture del 30-40% e l’avvio di un processo di “CARBON SINK” per la riduzione dell’impronta di carbonio delle aziende agricole e l’ottenimento di “Crediti di carbonio”. Ne abbiamo parlato con Luigi Iannitti, CEO di Evergreen Resources che ci ha raccontato la sua idea: “Io sono Luigi Iannitti, sono laureato in chimica industriale,ho lavorato per 30 anni nel campo del gas e poi delle energie rinnovabili. Nel 2015 ho fondato “Evergreen Resources”, che nasce per la costruzione di serre fotovoltaiche sulla base di un progetto innovativo e brevettato. L'evoluzione del mercato delle rinnovabili, poi, ha richiesto un cambio di rotta e oggi “Evergreen Resources si muove su due filoni diversi da un lato la consulenza in campo energetico, ambientale e nel campo dell'innovazione tecnologica, dall'altro commercializza, e questa è una parte dell'innovazione tecnologica, il biochar prodotto da impianti di gassificazione di biomasse”. Secondo Iannitti il progetto di Evergreen Resources, che si intitola “Biochar Sicilia”, è un "progetto che intende valorizzare le biomasse di scarto, in particolare quelle dell'area del siracusano e quindi biomasse, ad esempio di mais della filiera, della mandorla per la produzione di energia elettrica e termica. Si rivolge specificatamente alla produzione di biochar, in quanto il bruciare è un ammendante riconosciuto dal Ministero dell'Agricoltura, che ha una serie di caratteristiche importanti, specialmente per terreni agricoli a bassa piovosità come quelli siciliani, perché è un prodotto ad elevata ritenzione idrica, che ha un effetto ammendante, cioè che apporta nel terreno del carbonio stabile e quindi favorisce tutte le attività microbiologiche a livello di terreno e quindi la produzione degli acidi organici che sono quelli che poi favoriscono l'accrescimento delle piante". "Il concetto – spiega Iannitti – è quello di creare una filiera chiusa, per cui quindi un progetto di chiara economia circolare in cui le biomasse di scarto della produzione, le mandorle e quindi le potature, il mallo, il guscio della noce vengono utilizzati in questi impianti di gassificazione per produrre il biochar, che torna nel campo dove vengono coltivate le mandorle per dare un apporto di carbonio e quindi consentire un miglioramento delle colture". Un'idea originale perché "attualmente non ci sono altre aziende siciliane iscritte all'elenco di aziende che possono produrre e vendere biochar" e un'attività che ha oggi un ampio seguito e che può costituire un'opportunità unica per tutta la filiera agricola. "Una migliore o maggiore quantità di biochar può essere un elemento positivo dal punto di vista, secondo me ancora più importante, della sostenibilità. Si tratta, infatti, di un progetto di economia circolare, di produzione di energia termica ed elettrica da fonte rinnovabile. Ma la cosa più importante al giorno d'oggi è che l'utilizzo di biochar nei terreni comporta quello che oggi si chiama “carbon sink”, cioè lo stoccaggio definitivo di carbonio nei terreni per tempi lunghi (centinaia di anni) e quindi il riconoscimento a quel biochar e quindi alle aziende che applicano il biochar di crediti di carbonio in quanto stoccano definitivamente dal terreno del carbonio che andrebbe in alternativa a produrre della CO2. Quindi anche da questo punto di vista il progetto è innovativo e molto sostenibile”.

BoxGelina, l’innovativa vaschetta per il trasporto dei surgelati a impatto zero

Tra i progetti presentati nel corso della prima edizione del Premio Innovazione Sicilia c’è anche Box Gelina, un contenitore innovativo ed ecosostenibile, che promette di rivoluzionare il mondo del trasporto dei surgelati. Il progetto che rientra nell’ambito della Strategia regionale S3 “Agroalimentare” consiste in una vaschetta in polietilene al cui interno è contenuto dell’idrogel, una miscela liquida brevettata, che mantiene la temperatura fredda fino ad arrivare a -100 gradi. In BoxGelina è presente, inoltre,un coperchio, anch’esso costituito da idrogel con un foro in cui è installato un termometro, che consente di rilevare la temperatura all’interno del contenitore, direttamente dall'esterno senza che sia necessaria l’apertura dello stesso. BoxGelina è una vaschetta biodegradabile e ogni suo singolo pezzo, il termometro, i ganci di chiusura, la vaschetta, il coperchio, il sigillo di garanzia e il sigillo presente all’interno, sono stati realizzati su misura. Per farla funzionare correttamente è necessario che sia riposta, almeno due ore prima, in un congelatore o abbattitore, anche domestico, in modo tale che raggiunga una temperatura di almeno -20 gradi. Successivamente, si può inserire il prodotto, sia alimentare che farmaceutico all’interno, e dopo ciò, può avvenire il trasporto o la conservazione, senza il bisogno di ricorrere ad energia elettrica. Ne abbiamo parlato con il suo ideatore Pietro di Noto: “Mi occupo di gelaterie da oltre 35 anni. Sono un gelatiere pasticcere, però principalmente faccio ricerca e innovazione brevetti, quindi, vado a ricercare prodotti in particolare per produrre un gelato nutraceutico. È da tempo che me ne occupo e avendo in passato frequentato anche laboratori che facevano chimica alimentare, ho pensato di ricercare prodotti anche per il servizio del trasporto refrigerato". BoxGelina è un contenitore che trasporta surgelati a bassa temperatura senza l'ausilio dell'energia elettrica – ha poi proseguito Di Noto – Questo è uno dei brevetti a cui tengo di più e tutto questo grazie all’esperienza che ho fatto durante il mio percorso nella mia vita. Adesso sono sempre in continua evoluzione per ampliare questo brevetto e trasformarlo in una vetrina da esposizione che consenta di risparmiare il 70% di energia nell'esposizione dei prodotti surgelati, alimentare e non. Nel dettaglio consiste in un impianto tecnologico di nuova generazione che sfrutta un liquido refrigerante di mia invenzione, che consente di trattenere il freddo e lo rilascia a lunga durata, grazie a un liquido presente all'interno del contenuto". La vaschetta BoxGelina è stata testata scientificamente a una temperatura esterna di 30 gradi. In quell'occasione il prodotto al suo interno perdeva 1 grado ogni 3 ore circa. Un risultato differente si è invece riscontrato nella prova del trasporto di vaccini anti-Covid. In quel caso la temperatura esterna raggiungeva i -100 gradi e ogni cinque ore si perdeva 1 grado; mentre sono stati necessari sette giorni per il passaggio della temperatura da 0 a 9 gradi. Lo stesso principio di BoxGelina è stato replicato su un prototipo di una vetrina da esposizione per gelati. Il risultato ottenuto si è rilevato soddisfacente poiché ha tenuto, quasi costante, la bassa temperatura di -20 gradi per circa otto ore, perdendone solo 4, consentendo così, benefici di spazio e stoccaggio per i prodotti surgelati e un risparmio energetico del 70% circa. "BoxGelina è originale perché attualmente sul mercato non c'è un prodotto simile, che permette di risparmiare fino al 70% di energia elettrica. Questo mio sistema dura per tutta la vita e consente di un vero risparmio", ha infine concluso.

Voli aerei cancellati e rimborsi: un nuovo algoritmo stabilisce la responsabilità del disservizio aereo

ItaliaRimborso è una PMI innovativa, nata con l’obiettivo di fornire supporto e assistenza ai passeggeri che subiscono un disservizio aereo legato a un volo o a un bagaglio. Grazie ad un modello denominato “Litigation Funding”, l’azienda è in grado di offrire ai passeggeri, che non possono sostenere i costi di una causa legale, un servizio gratuito. Il servizio si basa su un algoritmo brevettato, unico al mondo, che fa una prevalutazione del disservizio aereo, in modo da stabilire la responsabilità del vettore aereo, indispensabile per richiedere la compensazione pecuniaria, il rimborso del biglietto o le eventuali spese extra sostenute a causa del disservizio. ItaliaRimborso prevede un iter tutto digitale, che consente al passeggero di fare un reclamo in poco tempo e seguire lo stato di avanzamento della propria pratica grazie a un apposito tracciamento. L’intento è quello, attraverso l'AI, di semplificare il riconoscimento dei diritti del passeggero e offrirgli il miglior servizio professionale di assistenza riguardo ai seguenti disservizi aerei: volo in ritardo, volo cancellato, overbooking, bagaglio danneggiato, smarrito e in ritardo, coincidenza persa e sciopero aereo. Ne abbiamo parlato con Felice D'Angelo, il founder di Italia Rimborso che ha presentato il suo progetto al Premio Innovazione Sicilia nell’ambito “Smart cities & communities” “Italia Rimborso – ci ha spiegato D’Angelo – è una claim company che si occupa di assistere i passeggeri che subiscono un disservizio aereo, quindi, opera nell'ambito della legal tech e lo fa attraverso un sistema innovativo che mette nelle condizioni al passeggero in maniera preventiva di conoscere se ha il diritto alla compensazione pecuniaria. Sostanzialmente abbiamo brevettato un sistema che incrocia diversi dati aeronautici che sostanzialmente include ed esclude la responsabilità del vettore aereo. Solo quando vi è appunto la responsabilità del vettore aereo allora il passeggero attraverso un sistema automatizzato quasi totalmente digitale, il passeggero è messo nelle condizioni di avviare un reclamo, inviarci documenti e successivamente di avviare il claim fino al rimborso ottenuto”. Secondo il Ceo di ItaliaRimborso si tratta di uno strumento originale perché è l’unico sistema di valutazione del claim brevettato in Europa. Ha un impatto sulla società perché il “servizio è totalmente gratuito per il passeggero, quindi dà accesso a tutti, sia chi ha sia chi non ha la possibilità di accedere alla giustizia, perché addebitiamo il costo della gestione della pratica direttamente al vettore aereo, utilizzando un metodo che viene definito in Europa litigation funding e quindi ad impatto positivo sulla società”. Inoltre, è un progetto anche sostenibile. “Da luglio 2022 abbiamo avviato un progetto denominato eco-rimborso, un percorso online che mette nelle condizioni il passeggero in maniera totalmente digitale di avviare un claim. Solo negli ultimi sei mesi del 2022, abbiamo consentito al nostro ecosistema di risparmiare oltre 10 milioni di fogli di carta. L'obiettivo entro il 2024 è quello di avere un sistema di avvio claim esclusivamente green ed essere al 100% sostenibile. Per Felice D’Angelo il sistema portato avanti dalla PMI è pienamente realizzabile: “ItaliaRimborso è la prima azienda in Italia nel campo delle claim company che ha un progetto di internazionalizzazione”. Sebbene non sia ancora arrivata all'estero, ItaliaRimborso è già in possesso di un brand registrato presso la Comunità Europea, è in possesso di oltre 32 domini e anche il fatturato che nel 2022 ha superato il milione di euro e nel 2023 superato il milione nel mese di luglio fa ben sperare. ItaliaRimborso ha ottenuto in questi anni diversi premi come il riconoscimento di “azienda innovativa nel turismo” da parte di Unioncamere e il suo progetto sembra essere stato gradito anche dagli utenti del web che hanno recensito la società con valutazioni molto positive (TrustScore di 4.9). Foto da Depositphotos.com

PhenylTrack, dalla Sicilia un biosensore per l’autodiagnosi dei livelli di fenilalanina nel sangue

Tra i progetti presentati nel corso della prima edizione del Premio Innovazione Sicilia c’è anche PhenylTrack, una piattaforma integrata basata su un biosensore per il self-monitoring dei livelli di fenilalanina (Phe) nei pazienti affetti da iperfenilalaninemie (HPA). Si tratta di un innovativo dispositivo medicale per l’automonitoraggio, affiancato da servizi digitali avanzati che consente un veloce e sicuro follow up del paziente. Questo strumento si basa su tecnologie di sensing enzimatico/non-enzimatico e sfrutta materiali nanostrutturati innovativi. Ne abbiamo parlato con Guido Spoto, l'amministratore di Infobiotech srl, un’azienda palermitana che ha realizzato la parte elettronica e telematica del dispositivo. L’azienda, che annovera nel suo team una decina di persone altamente qualificate, tra ingegneri, informatici, ingegneri elettronici e un fisico, si occupa da diversi anni di tecnologia, principalmente nel campo della diagnostica medica, fitosanitaria e veterinaria e il suo core business consiste nella progettazione, nello sviluppo e nella produzione di strumentazione per diagnostica con tecnologia di biologia molecolare. Nel dettaglio il progetto, presentato e finanziato dal POR FESR 2014-2020, si chiama “PKU Smart Sensor” ed è stato sviluppato in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Università di Catania e l’Università di Messina. Come ha spiegato Guido Spoto, uno dei suoi principali ideatori, si tratta di “un dispositivo per misurare una sostanza che si chiama fenilalanina, che deve essere misurata da tutti i soggetti pazienti che soffrono di iperfenilalanina, che è una patologia che viene riscontrata alla nascita e che richiede negli anni per tutti i pazienti affetti da questa patologia una misura continua dei livelli di questa sostanza che se scende troppo, se sale troppo all'interno dei range previsti, può portare a danni neurologici anche gravi”. “Non esiste al momento una cura, non esiste un sistema diagnostico spinto e veloce come quello che vogliamo proporre noi. L'unico modo per sopravvivere e per scongiurare danni permanenti è quello di calibrare una specifica dieta, che preveda alimenti che non contengano questa sostanza ed effettuare quanto più spesso possibile le analisi di questa sostanza per verificarne il livello nel sangue. Oggi le tecniche esistenti, però, sono lunghe (almeno 8 giorni) e prevedono un prelievo fatto in laboratorio, l'invio del campione a un laboratorio specializzato, che a sua volta dovrà fare le analisi e spedire i risultati al medico di competenza o al centro di competenza regionale". “Con il nostro sistema – ha precisato Spoto – noi miriamo a consentire al paziente di fare le analisi in casa e inviare automaticamente l'esito dell'analisi, che richiede un'oretta, al medico di competenza per via telematica, che potrà immediatamente intervenire nel caso in cui sia necessario. Il progetto è stato portato a un livello TRL 7. Il dispositivo è quasi pronto per il mercato e necessita adesso di una fase di ingegnerizzazione e industrializzazione per poter essere commercializzato, più chiaramente le certificazioni del caso. Noi siamo una delle aziende coinvolte, abbiamo realizzato tutta la parte tecnologica, quindi il dispositivo vero e proprio con l'elettronica e la parte telematica. Insieme a noi ci sono il CNR, l'Università di Catania che hanno tra l'altro sviluppato anche tutta la parte di reazione biologica indispensabile chiaramente per far funzionare tutto il sistema”. Il dispositivo è originale e innovativo perché “non esiste nulla al mondo del genere e quindi non parliamo soltanto del territorio siciliano. Ad oggi non esiste un dispositivo che consenta l’autodiagnosi dai livelli di fenilalanina nel sangue, per cui sarebbe una novità assoluta a livello mondiale, quindi, diciamo direi che più originale di così non si può”. In più PhenylTrack avrebbe anche un forte “impatto sui pazienti di iperfenilalanina perché per loro cambierebbe veramente l'approccio terapeutico, perché piuttosto che dover aspettare una settimana le analisi, perché magari hanno avuto dei malesseri o hanno il sospetto che ci sia qualcosa che non va nella dieta per poter ricalibrare il tutto, possono avere un responso in giornata o comunque in mezza giornata, ma anche per esempio se qualche paziente vuole togliersi lo sfizio di sgarrare un po’ la dieta in questo modo da solo, con tutte le accortezze del caso, può provare ad autogestirsi, a verificare cosa succede nei livelli di questa sostanza nel proprio corpo, in funzione di quello che mangiano o che hanno mangiato il giorno prima. Per loro sarebbe veramente un cambio epocale nelle abitudini e nello stile di vita”. Progetto: PhenylTrack Ambito: Scienze della vita

Il futuro degli agrumi siciliani, il Gruppo Villari punta sull’innovazione di prodotto e di processo

L’innovazione è un fattore cruciale per la sopravvivenza delle organizzazioni. Quando si parla di innovazione non si fa solo riferimento all’innovazione tecnologica, ma anche all’innovazione di prodotto e innovazione dei processi che generano quel prodotto. Così è stato per l’azienda Villari, specializzata nella lavorazione e commercializzazione di agrumi e prodotti ortofrutticoli, che per diversificare la propria offerta ha cercato di aprirsi a comparti del mercato nuovi rispetto a quelli in cui tradizionalmente è abituata ad operare, intercettando una nuova fetta di mercato. Per queste ragioni al Premio Innovazione Sicilia la società ha presentato due prodotti innovativi nell’ambito della Strategia regionale S3 “Agroalimentare”: "lo spicchio di limone singolarmente confezionato" e la "limonata fior di sale". Ne abbiamo parlato insieme al Dott. Mario Zappalà, referente “Assicurazione Qualità della Villari Srl”, prevalentemente dedita alla commercializzazione di agrumi e in particolare quelli di primo grado. “Pur non abbandonando la tradizionalità dei mercati di riferimento cui la Villari si è sempre rivolta, abbiamo pensato di realizzare due nuovi prodotti. Il primo fortemente collegato all'attuale attività. Dobbiamo immaginare uno spicchio di limone singolarmente confezionato da poter essere utilizzato in tutte quelle occasioni e in tutte quelle evenienze, che di fatto impedirebbero l'utilizzo di un limone intero come avviene tradizionalmente”. Questo prodotto innovativo sarà igienico, facile da utilizzare, consentirà la riduzione degli sprechi e di mantenere a lungo la freschezza del prodotto. Per realizzarlo è stato implementato uno specifico processo industriale di produzione per singoli step che prevede il lavaggio dei limoni con una tecnologia di processo in grado di minimizzare l'utilizzo di acqua, un processo di sanificazione dei limoni attraverso una tecnologia temporizzata e standardizzata tale da poter garantire e assicurare la pulizia superficiale dei limoni da processare utilizzando un sanificante chimico differente da quelli tradizionalmente utilizzati per quantitativi di utilizzo, per stabilità e spettro d’azione, abbinato a un'ulteriore tecnologia di sanificazione in grado di contrastare la formazioni di lieviti e muffe, il taglio realizzato attraverso una macchina di taglio automatica in grado di poter assicurare performance quantitativa e qualitativa del prodotto e infine la specificità della tecnologia di confezionamento del prodotto attraverso l’implementazione di apposito braccio antropomorfo in grado di poter manipolare il prodotto porzionatoe riporlo nelle rispettive confezioni termoformate per poter garantire al meglio la stabilità del prodotto. "Il secondo prodotto è focalizzato sullo sviluppo del prodotto e del processo produttivo, la limonata fior di sale, sostanzialmente differente dalle tradizionali limonate per due motivi, uno perché è un prodotto a ridotto contenuto zuccherino. Pur utilizzando del saccarosio non andiamo ad utilizzare dolcificanti chimici o altro, ma semplicemente del normale saccarosio, lo zucchero da cucina. Lo zucchero viene poi bilanciato dall'aggiunta di una piccolissima percentuale di cloruro di sodio, il classico sale da cucina. Il risultato è un succo di limone fresco, dissetante, particolarmente gradevole e che rievoca la tradizione siciliana di bersi una limonata al sale. Il succo di limone una volta preparato verrà pastorizzato, lasciando inalterate tutte le sue proprietà organolettiche. La particolare formulazione della bevanda è stata oggetto di presentazione di brevetto industriale da parte dell'azienda. "I nostri prodotti rispondono al criterio della sostenibilità economica e dell’originalità delle idee. Immaginiamo tutte quelle occasioni, quelle circostanze, a casa, nelle ristorazioni collettive, nelle mense, quei mercati in cui questo prodotto potrà essere utile. Pensiamo a tutte quelle volte che il limone invece non viene utilizzato e si getta. Noi forniamo questa alternativa, la possibilità di prendere uno spicchio di limone utilizzarlo effettivamente quando serve in maniera igienica, rispettando la sicurezza alimentare, un prodotto che ha una shelf life di 10-13 giorni”. “Immagino tutte quelle volte che tagliamo a caso un limone e il più delle volte metà lo buttiamo perché rimane nel frigorifero. Quale migliore occasione di andare a dare un costo certo agli utilizzatori e ai preparatori di questi pasti che in maniera certosina così hanno il costo di un prodotto da porre sui loro piatti, ma d'altronde non solo un costo ma anche un servizio. Si troverebbero ad avere una confezione da poter utilizzare immediatamente e in confezione monodose, uno spicchio di limone fresco quando serve”. Progetto: Spicchio di limone singolarmente confezionato e Limonata fior di sale Ambito: Agroalimentare

AzollaLab, in Sicilia un progetto in permacultura che punta alla rigenerazione delle acque e del suolo

Tra i progetti presentati nel corso della prima edizione del Premio Innovazione Sicilia c’è anche “AzollaLab” un progetto innovativo, che rientra nell’ambito della Strategia regionale S3 “Ambiente, risorse naturali e sviluppo sostenibile”. AzollaLab da qualche anno promuove percorsi sensoriali e metodici con l'obiettivo di sviluppare una nuova coscienza, tramite conoscenze antiche, tecnologiche, attuali e sensibili alla natura di ogni essere. In particolare, il progetto è stato realizzato in prossimità del fiume San Leonardo nella baia di Catania a circa 15 km dal centro storico, sul mare, in territorio siracusano, al margine tra le due province, in un’area di transito e nidificazione di avifauna proveniente e diretta in Africa, Balcani e Nord Europa. Il progetto basato sui principi della “Permacultura”, un metodo di progettazione di insediamenti umani sostenibili, ha come obiettivo la rigenerazione di un terreno abusato da incendi, incuria e pieno di rifiuti. Attivo da quattro anni, questo processo ha già portato all’avvio di un sistema agroforestale in due dei tre lotti contigui, una food forest produttiva, restitutiva e vivibile e al momento si sostiene esclusivamente attraverso il supporto dei volontari e di piccole donazioni. In quest’area si producono ad oggi diversi tipi di compost, biofertilizzanti, prodotti di cosmetica naturale e integratori, si coltivano piante acquatiche (da qui il nome legato all’Azolla Caroliniana Willd) ed edibili. Ne abbiamo parlato insieme alla promotrice del progetto Cinzia Scordia, che ripercorrendo la sua storia personale ci ha spiegato nel dettaglio l’idea: “Il progetto che sto portando avanti si chiama AzollaLab ed è un progetto in permacultura e di rigenerazione del suolo e delle acque. Io provengo da una carriera in arti performative, durata circa 35-36 anni e terminata con un incidente abbastanza grave. Questo mi ha portato a prendermi cura di alcuni appezzamenti di terreno e l'ho fatto attraverso la permacultura, un sistema di design che integra pratiche, tecnologie, scienze. È veramente olistico e si occupa di realizzare degli ecosistemi circolari dove l'essere umano è integrato e non centralizzato". "Il progetto è stato realizzato in una zona umida di Catania, un ex pantano che è stato violentato durante la bonifica dell'agro pontino negli anni 50-60 e adesso è in fase di desertificazione. Quando io ho iniziato era una vera e propria discarica. Essendo una zona umida ha delle pozze dentro le quali è iniziato questo processo di fitodepurazione, un processo circolare, virtuoso che produce fertilità di suolo, ammendanti, fertilizzanti e pulisce l'acqua. È un sistema anti zanzare ed è facilmente replicabile". "L'innovazione sta nell'empowerment della comunità. Ci devono essere queste formule in questo mondo oggigiorno. Parliamo di nuova economia e in questo senso sembra che stia parlando un po’ di tutto e di niente, ma in realtà io ho messo in atto un vero sistema, visitabile dove è possibile vedere i piccoli sistemi che ci permettono di avere la nostra acqua. Non abbiamo l'acqua consorziale, ma utilizziamo l'acqua che abbiamo lì, l'acqua di queste pozze che erano discariche e che sono diventate delle pozze tendenzialmente 'potabilizzabili'". "Neanche io ci credevo a dir la verità, non provenendo da un percorso di biologia o microbiologia, non era il mio ambito, quindi è stato un po’ difficile, però studiando e sperimentando sono riuscita in qualche modo. La visione del progetto è quella di avere acqua pulita un po’ dappertutto e non avere necessariamente bisogno di enti o di chissà quale azienda per disporre di acqua pulita. La missione è farlo con modelli replicabili e semplici. L'obiettivo è la rigenerazione del suolo, nel caso del mio progetto, attraverso questa rigenerazione dell'acqua". "La sostenibilità è evidente perché sono sistemi replicabili, semplici, che si possono realizzare anche con materiale di riuso quindi praticamente possono essere anche a costo zero, a parte le piante che vanno comprate. Si utilizzano le piante e i microrganismi effettivi e sono delle replicazioni della microbiologia sana di quel luogo, che aiutano nella successione del luogo stesso, sia a livello del suolo, sia a livello dell'acqua, perché tendenzialmente qualunque sistema tenderebbe a rigenerarsi in natura".   "Noi continuiamo a buttare tutto in natura perché sotto sotto pensiamo che tanto poi ci penserà la natura e questo è un grande problema. La realizzabilità rispetto a questi piccoli sistemi è semplicissima. In questo momento c’è l'attenzione anche dell'Università di Palermo, della facoltà di microbiologia, proprio per le pratiche messe in atto con un progetto che si chiama "Life Desert Adapt". È un progetto europeo dei paesi del Mediterraneo, quindi Grecia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro e Italia. I replicatori, AzollaLab è un replicatore del progetto, mettono in atto delle pratiche anti desertificazione e di rigenerazione del suolo. E loro hanno anche riconosciuto questo utilizzo dei microrganismi che ha accelerato tantissimo la rigenerazione di quella pozza, la principale quella che era una discarica di zona e che nell'arco di un anno è diventata potabilizzabile". "Il risultato è stato interessante un po’ utile, anche se chiaramente va studiato. Per la realizzabilità siamo ancora a metà strada. Sicuramente qualunque sostegno economico accelererebbe una serie di operazioni che sono previste, come la regimentazione delle acque che è un'operazione di movimenti terra quasi di ingegneria ambientale che fa sì che gli eccessi nel caso in cui ha piovuto tantissimo come due anni fa dopo l'uragano che ha allagato tutto, ci sia la possibilità per il pantano di risalire in punti dove non crea danno, anzi rigenera la zona e crea dei laghetti naturali dove la fauna in transito dall'Africa e dai Balcani possa riposare come era una volta ecco. Quindi con questa attenzione diciamo verso l'ambiente massima chiaramente un progetto un'ecologia grande così".

Circular beauty: il futuro è negli scarti. L’idea di Kymia, la startup che trasforma il pistacchio in cosmetici antiage

L’Unione Europea produce più di 2,1 miliardi di tonnellate di rifiuti ogni anno e l’Italia è uno dei Paesi che si collocano in vetta alla classifica. Ecco perché si stanno studiando nuovi approcci e strategie orientati all’economia circolare, un modello produttivo e di consumo che punta l’attenzione sull'upcycling dei materiali per ridurre al massimo gli sprechi. L’economia circolare si basa sui concetti chiave di condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali, applicati in tutti gli ambiti della società. Quanto sarebbe utile, per esempio, per l’intera filiera agricola riutilizzare gli scarti e trasformarli in una risorsa preziosa? Grazie alle innovazioni tecnologiche introdotte negli ultimi anni oggi le aziende agricole e non stanno facendo grandi passi avanti nel campo dell’economia circolare. In questa direzione si è mossa Kymia, una start-up siciliana innovativa che ha cambiato il modo in cui pensiamo ai rifiuti organici, trasformando il mallo del pistacchio di Bronte, uno scarto precedentemente non utilizzato, in prodotti ad alto valore aggiunto. Ogni anno, infatti, durante la raccolta dei pistacchi vengono generate tonnellate di rifiuti. L’idea della start-up è quella di recuperare questi scarti e utilizzarli in ambito cosmetico. Il progetto, presentato al Premio Innovazione Sicilia nell’ambito della Strategia Regionale S3 “Ambiente, risorse naturali e sviluppo sostenibile” e secondo classificato, è stato raccontato dalla Ceo e co-founder di Kymia Arianna Campione: “Noi siamo una start up che recupera lo scarto del pistacchio di Bronte per rimetterlo nel mercato in un'ottica di economia circolare. Il nostro obiettivo è quello di recuperare il mallo del pistacchio di Bronte, lo scarto esterno ad oggi considerato un rifiuto organico non utilizzabile”. L’imprenditrice, che nella vita è anche medico odontoiatra e cosmetologa, ha poi precisato: “Non tutti sanno, infatti, che durante la raccolta del pistacchio a Bronte vengono generate più di 1000 tonnellate di questo rifiuto, che oggi viene buttato. Noi abbiamo deciso di recuperarlo, lo trasformiamo e lo rimettiamo nuovamente nel mercato sotto forma di estratti naturali con diversi utilizzi nella cosmetica, con effetto anti-invecchiamento e antiage, nella nutraceutica con effetto antiinfiammatorio e antidiabete”. Un progetto di "Circular beauty", pronto ad abbracciare nuovi interessanti sviluppi: “Stiamo ricercando anche opportunità antitumorali nel beverage con le stesse proprietà precedentemente elencate e in collaborazione con l'Università degli Studi di Catania, con tre dipartimenti in particolare quello Scienze del farmaco, Agraria e Biochimica, stiamo realizzando questi estratti per poterli poi vendere sul mercato della cosmetica”. Secondo la fondatrice l'idea soddisfa il criterio dell'originalità, "perché è la prima volta al mondo che qualcuno produce qualcosa con il mallo del pistacchio", dell'impatto sulla società perché si tratta di un "progetto molto importante sia dal punto di vista economico perché andiamo a comunque reimmettere nel mercato una materia che altrimenti sarebbe di scarto e dal punto di vista economico e sociale perché creiamo comunque lavoro nell'ambito del territorio", della sostenibilità perché "andiamo a recuperare appunto uno scarto quindi il nostro procedimento è completamente green” e infine della realizzabilità perchè ad oggi è stato depositato il brevetto insieme all'università. Speriamo un giorno di avere il nostro capannone di lavorazione. Il brevetto è stato ideato in maniera tale che il progetto possa, infatti, essere realizzabile anche su larga scala e questo è quello che ci auguriamo”. Progetto: Kymia Ambito: Ambiente, risorse naturali e sviluppo sostenibile

Edu-social Algorithm, l’educazione diventa virale con i social network

Nel panorama dell'istruzione e dell'innovazione educativa, alcuni progetti sfidano i confini tradizionali della didattica, aprendo nuove strade per l'apprendimento. In particolare, il progetto Edu-social Algorithm, presentato nell’ambito del Premio Innovazione Sicilia, ha avviato una sperimentazione pedagogica nelle scuole secondarie di primo e secondo grado con studenti della Generazione Alpha (nati dopo il 2010) e Z (nati dal 1995 al 2010) e prevede una formazione specifica per i docenti Il progetto, realizzato nell'ambito dell'Università degli Studi di Palermo, consiste nell’utilizzare smartphone e social media per scopi didattici ed educativi secondo un modello metodologico concordato insieme agli alunni e agli insegnanti delle classi sperimentali coinvolte e seguendo specifici criteri di valutazione, processi, tempi e luoghi. Un modo alternativo e consapevole per abitare gli spazi digitali e creare una comunità di pratiche virtuale con giovani e adulti che condividono, caricano e creano post media educativi funzionali all'apprendimento. Ce ne ha parlato il suo ideatore Alessio Castiglione, dottorando di ricerca al Dipartimento di Scienze Psicologiche e Pedagogiche dell'Esercizio Fisico e della Formazione dell'Università degli Studi di Palermo, nato e cresciuto a Brancaccio che ha lanciato il suo originale algoritmo educativo. L'obiettivo principale del suo “Edu-social Algorithm” è quello di utilizzare i social network, in particolare Instagram, come strumento didattico all'interno delle scuole. Questa iniziativa, alquanto insolita nel contesto dell'educazione formale, ha già mostrato risultati promettenti nelle prime quattro scuole coinvolte, sia a Palermo che presso l'Università di Braganza, in Portogallo. L'elemento distintivo di questo algoritmo risiede nell'approccio innovativo e nell'utilizzo creativo dei social network per scopi educativi. “Abbiamo riscontrato dei risultati sia nei docenti che sono stati coinvolti come formatori Edu social, sia negli studenti che hanno partecipato come utenti alla sperimentazione” – ha sottolineato Castiglione. Questa iniziativa non solo ridefinisce il concetto stesso di insegnamento e apprendimento, ma dimostra anche che le innovazioni possono emergere anche dai contesti educativi più tradizionali. In particolare, il progetto si concentra su Instagram, il luogo in cui è possibile imparare in modo alternativo rispetto al sistema tradizionale. Gli studenti possono caricare i loro elaborati e i docenti caricare materiali di approfondimento. Durante l'intervista, Castiglione ha poi ribadito come il suo progetto soddisfi appieno i criteri di originalità, impatto sulla società, sostenibilità e realizzabilità. Tuttavia, evidenzia come l'originalità sia il criterio preponderante poiché il progetto si distingue per la sua novità e assenza di precedenti simili a livello nazionale e internazionale. Questo aspetto rivela l'importanza di stimolare e riconoscere l'innovazione all'interno del contesto educativo siciliano. Edu-Social Algorithm non si limita a risolvere problemi immediati legati alla dispersione scolastica o alla povertà educativa, ma mira a promuovere un cambiamento culturale all'interno del sistema educativo. La sua adozione potrebbe trasformare radicalmente il modo in cui insegnanti e studenti interagiscono e apprendono, aprendo nuove opportunità per l'educazione del futuro. Progetto: Edu-social Algorithm Ambito: Smart Cities&Communities

Sprintaly, l’hackathon per accelerare progetti digitali a forte impatto sociale

Negli ultimi anni, il mondo dell'innovazione sociale ha conosciuto una crescita significativa, con progetti che mirano a risolvere sfide cruciali della società attraverso approcci creativi e tecnologici. Un esempio ispiratore di questa tendenza è rappresentato dal progetto Sprintaly, candidato al Premio Innovazione Sicilia, nell'ambito Smart Cities&Communities che si propone di affrontare le questioni sociali attraverso hackathon e maratone digitali di tre giorni, basati sulla metodologia del design sprint, customer discovery, lean methodology e pretotyping. Sprintaly organizza hackathon che coinvolgono partecipanti provenienti da diverse parti d'Italia. Le maratone digitali non sono solo un'occasione per mettere alla prova le competenze tecniche, ma sono orientate a risolvere sfide rilevanti per il Paese. La scelta delle sfide avviene in modo collaborativo, coinvolgendo una vasta audience attraverso sondaggi. Ne abbiamo parlato con il suo ideatore Iacopo Livia che ha condiviso i dettagli fondamentali dell'iniziativa: “Quello che facciamo fondamentalmente con Sprintaly sono hackathon, cioè delle maratone digitali che durano tre giorni. Ne abbiamo fatte due, una organizzata da noi stessi e una in completa autonomia. Abbiamo fatto questa scelta in modo collaborativo, facendo girare un sondaggio a 400 persone. La sfida è stata la dispersione scolastica perché scegliamo una sfida che sia importante, urgente per il Paese. C'erano 30 ragazzi, abbiamo sviluppato cinque soluzioni innovative. In quel caso eravamo immersi nella natura in una cascina per cercare di stimolare la creatività e stare in un posto che esprimesse anche la bellezza italiana”. Il progetto non si limita a organizzare hackathon autonomamente, ma cerca anche collaborazioni con partner chiave come acceleratori di startup e coworking. Questo amplia la portata dell'iniziativa, coinvolgendo una varietà di attori, dalla comunità locale ai professionisti del settore. L’ideatore di Sprintaly ha poi condiviso la sua esperienza personale. Originario di Modica, il giovane ha lavorato per un po’ di tempo nel campo del marketing per poi appassionarsi, dopo vent’anni a Torino, al mondo delle startup, imparando le dinamiche della validazione di nuove idee di business e la crescita imprenditoriale. L'obiettivo attuale secondo Livia è quello di portare avanti il progetto Sprintaly in tutto il territorio italiano. “Adesso l'obiettivo appunto è portare avanti Sprintaly il più possibile in modo capillare in Italia, perché l'idea è attivare in tanti punti d'Italia questa innovazione dal basso per poi magari fare dei prodotti che siano replicabili anche su tutto il territorio nazionale, perché alla fine le esigenze del cittadino anche tra nord e sud sono molto simili e possono avere a che fare con la troppa burocrazia o col mondo dell'istruzione o con la mobilità o con gli aspetti finanziari oppure l'attivazione anche di bandi”. Iacopo Livia ha, infine, sottolineato quanto sia importante per lui l'impatto sulla società del suo progetto. La missione di Sprintaly è quella di attivare un senso di comunità, affrontando le sfide comuni che spesso generano insoddisfazione nella relazione tra cittadini e pubblica amministrazione. “Ci siamo resi conto che vogliamo fare progetti che possano realmente aiutare le persone e non solo nel risparmiare tempo, ma anche nell'avere un coinvolgimento nella società, nella comunità, più forte. Il nostro obiettivo è attivare questo senso di comunità. I report dicono che otto volte su dieci quando ci interfacciamo con la pubblica amministrazione siamo insoddisfatti della qualità dell'interazione e quindi Sprintaly prova a cambiare quell'aspetto lì per fare in modo che ci sia un altro punto di vista, che ci sia un senso del cambiamo le cose insieme”. Il progetto Sprintaly è un esempio virtuoso di innovazione sociale, che promuove la collaborazione, l'originalità e la sostenibilità per affrontare le sfide della società italiana. La visione di Sprintaly è quella di scalare l'impatto sociale, dimostrando che l'innovazione può andare di pari passo con il miglioramento della vita di tutti i cittadini, indipendentemente dalla regione di provenienza. “Ci sono cose in cui siamo migliori rispetto agli altri, delle eccellenze e altre in cui siamo all’ultimo posto. In Italia abbiamo alcune delle menti più brillanti e la cultura forse più forte in assoluto storicamente dal punto di vista degli inventori e imprenditoriale. Oggi è come se volessimo applicare l'approccio imprenditoriale del far funzionare le cose, del farle andare veloci per essere efficaci, nell'impatto sociale, perché il nostro motto è scalare l'impatto. Tutti parlano di scalare le aziende e non si deve scalare l'impatto? Il mondo il non profit forse a volte un po’ si ferma all’aspetto associativo. La nostra idea è quella di cercare di fare impresa o comunque progetti che scalino invece proprio l'impatto sociale”. Progetto: Sprintaly Ambito S3: Smart Cities & Communities Foto da Facebook